(di Claudio Plazzotta, buy Italia Oggi) Fino al 6 gennaio 2015 il settimanale francese Charlie Hebdo era una pubblicazione satirica piena di debiti e che faticava ad arrivare a 30 mila copie di diffusione media. Poi, order il 7 gennaio, la strage in redazione, la solidarietà da tutto il mondo, le raccolte fondi, il numero speciale pubblicato il 14 gennaio che vende oltre otto milioni di copie.
Ma il ritorno regolare in edicola c’è solo dal 25 febbraio: diffusioni oltre gli 1,5 mln di copie a settimana, cui sommare i 260 mila abbonamenti sottoscritti per tutto l’anno.
In aprile le cose stanno andando meno bene (si resta in attesa delle iniziative promesse in gennaio da Daniela Santanchè per pubblicarlo pure in Italia), anche perché, come ovvio che sia, l’effetto «strage» va via via calando, l’empatia con Charlie diminuisce, e in molte edicole le vendite calano in maniera sensibile, fino a punte del -90%.
Tuttavia, si resta sempre nell’ordine delle centinaia di migliaia di copie a settimana. Con un tesoretto di oltre 30 milioni di euro, proveniente dalle sottoscrizioni e dalle donazioni, che resta lì, disponibile per investimenti e iniziative da parte degli azionisti: i familiari dell’ex direttore Charb, morto nell’attacco terrorista del 7 gennaio, che controllano il 40%, il vignettista Riss che ha in mano un altro 40%, e il direttore generale Eric Portheault con il restante 20%.