(di Daniela Minerva, L’Espresso) Fondi speciali, malati in allarme. C’è una nuova terapia straordinaria. Per la quale servono però 37mila euro a ciclo. Un’altra cura che nessuno può pagare scuote la sanità. E i conti del servizio sanitario pubblico rischiano di saltare. Epatite C: il farmaco c’è. Ma costa troppo Gli ingredienti ci sono tutti. Un farmaco costosissimo e molto efficace. Migliaia di pazienti in attesa di una terapia. Un giudice in agguato. Un ministro che si barcamena tra tavoli di lavoro ed erogazione di fondi straordinari. Le regioni riottose e quelle inefficienti. L’affaire Sovaldi è un incendio che cova sotto la cenere. Ancor più pericoloso perché questa wonder drug capace di guarire l’epatite C al costo stimato di circa 37 mila euro, è la prima di una serie nutrita di prodotti sempre più efficaci che, usati in combinazione, promettono di cancellare la malattia dai libri di medicina, ma anche di sbancare il Servizio sanitario nazionale.
Per capire cosa sta succedendo bisogna partire da tre fatti. Da un lato la condizione delle tante persone colpite da una patologia mortale trattabile al prezzo di effetti collaterali così pesanti da non essere sopportabili per la maggior parte dei malati. Dall’altro una famiglia di farmaci rivoluzionari che fanno esclamare Antonio Gasbarrini, epatologo dell’Università Cattolica di Roma: «Stiamo assistendo alla scomparsa di una malattia. Quanti sono i medici che hanno visto una cosa del genere? Forse è successo col vaiolo, con la peste o la polio. Ma è davvero un evento straordinario». Straordinario e costosissimo, e questo è il terzo fatto: c’è voluto più di un anno perché l’Aifa, la nostra agenzia del farmaco, negoziasse un prezzo accettabile, e anche così c’è stato bisogno di un fondo speciale di un miliardo di euro finanziato dalla legge di stabilità per gli anni 2015-2016.
La spesa per i farmaci. I brevetti che scadranno, liberando risorse. E i costi contrattati dai diversi paesi del mondo per la distribuzione del sofosbuvir, nuovo farmaco contro l’Epatite C
Ma cominciamo dai malati. In Italia, le stime parlano di un milione e mezzo di persone infette, anche se quelle già diagnosticate sono poco più di 300 mila. Che vivono diversi stadi della malattia, ai quali corrispondono diversi stadi di degenerazione del fegato: dall’epatite in fase iniziale, alla cirrosi, al tumore. Per loro la terapia era composta da diversi farmaci, tra i quali l’interferone, una vera bestia nera impossibile da tollerare se il fegato è malridotto. Risultato, a sperare in una cura erano solo i malati in fase iniziale o intermedia. Per gli altri, quando possibile, c’era il ricorso al trapianto, con tutto quello che ne consegue. Ma molti, circa 10 mila l’anno, muoiono.
Una diagnosi di epatite C era (e comunque ancora è) il cielo che ti casca in testa. Ti cambia la vita, ti obbliga a una terapia sfibrante, ti fa vivere in un’incertezza sfibrante. Si può ben capire l’entusiamo quando, nel dicembre del 2013, la Fda americana ha dato il via libera (seguita rapidamente da quello dell’autorità europea, l’Ema) a un farmaco capace di spezzare la catena di replicazione del virus responsabile dell’epatite C e di guarire (per lo più sempre in associazione con l’interferone) il 90 per cento dei malati. Si chiama sofosbuvir, troppo complicato; il tam tam mondiale fa volare il suo nome commerciale, Sovaldi, e il prezzo esorbitante stabilito dalla Gilead, che ne detiene il brevetto: oltre 80 mila dollari a trattamento.
IL COLPACCIO DI GILEAD
I numeri mettono in allarme le agenzie regolatorie di mezzo mondo. Prendiamo l’Italia: curare tutti i 300 mila malati significa spendere 24 miliardi, ovvero 4 di più di quanto il Ssn non spenda ogni anno per tutti i farmaci di tutte le malattie. Ovviamente non è sostenibile. E l’obiettivo delle autorità sanitarie è stato quello di convincere Gilead a calare, e di mettere dei paletti per indicare bene chi e come può curarsi a così caro prezzo. L’India, per suo conto, ha fatto un gesto radicale: ha negato all’azienda la registrazione del brevetto e ha dato il benvenuto a tutti quelli che vorranno copiarlo e venderlo nel subcontinente a 100 dollari a trattamento.
La tabella indica il risultato delle negoziazioni nei diversi paesi. Si va dagli 84 mila dollari negli Usa ai 900 in Egitto. Perché tanta differenza? La farmaceutica americana risponde che ci sono paesi nei quali l’EpaC è una piaga endemica e che non possono permettersi cifre di mercato, quindi gli va dato il farmaco superscontato. Il fatto è che i malati nel sud del mondo sono talmente tanti che il profitto è comunque assicurato. Principio che ha ispirato anche i negoziatori italiani.
I termini dell’accordo tra la nostra Aifa e Gilead sono segreti (bizzarro), si dice sia così per non turbare le trattative negli altri paesi. Ma tutti sanno (anche se l’Aifa nega) che il Ssn paga il farmaco circa 37 mila euro a ciclo con l’accordo di legare il prezzo al consumo, in considerazione del fatto che nel nostro paese ci sono molti più malati che non in Inghilterra o in Francia. (Il costo per i privati che vogliano comprarselo resta di 80 mila dollari).
L’Aifa ha fatto un gran lavoro, recitano in coro gli addetti ai lavori. Ma rimane che 37 mila moltiplicato per 300 mila pazienti porta alla ragguardevole cifra di 11 miliardi, se non si vuole poi ipotizzare di curare il milione e mezzo di malati che si stima girino per l’Italia finendo col mettere a bilancio 60 miliardi secchi. Il ministro Beatrice Lorenzin, non sapendo a che santo votarsi, nel dicembre scorso, ha consegnato alle agenzie la sua letterina di Natale in cui chiedeva a Santa Claus di farle trovare sotto l’albero la cura per tutti i malati italiani.
Più prosaicamente l’Aifa ha stabilito che siano solo i pazienti più gravi ad avere la terapia (perché gli altri possono farcela col vecchio cocktail) e che devono essere dei centri specializzati a prescriverla. Ma sono in molti oggi a chiedersi: non sarà che comunque questo Sovaldi ha un prezzo ingiustificato? Questione non di lana caprina se la Commissione Finanze del Senato americano ha chiesto a Gilead di spiegare come sono arrivati a quella cifra monstre