La quantità di rifiuti speciali prodotti in Italia è quattro volte quella dei rifiuti urbani e se, prostate da un lato, diminuisce leggermente la quantità di rifiuti speciali definiti “non pericolosi”, dall’altra aumenta quella dei “pericolosi”, talvolta provenienti da attività economiche “non individuate” o “non censite” nei parametri Istat. Il dato è emerso oggi durante la lectio magistralis del presidente dell’Ispra, Bernardo De Bernardinis, al master in gestione e controllo dell’ambiente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Sulle modalità di raccolta, trattamento e smaltimento l’Italia presenta un quadro a macchia di leopardo e non tutte le regioni si dimostrano virtuose. De Bernardinis ha illustrato il rapporto sui rifiuti speciali riferito agli anni 2011 e 2012. “La produzione nazionale dei rifiuti speciali – ha detto – si è attestata, rispettivamente, a 137,2 milioni di tonnellate e a circa 134,4 milioni di tonnellate. Il quantitativo di rifiuti speciali pericolosi nel 2012 ha raggiunto invece quasi 9,4 milioni di tonnellate. Di queste, circa 1,2 milioni di tonnellate sono relative ai veicoli fuori uso e quasi 12 mila tonnellate arrivano da attività non determinata secondo i parametri Istat. La nostra analisi mostra che tale quota rappresenta circa il 45% del dato complessivo di produzione dei rifiuti speciali, soprattutto per effetto del rilevante contributo dei rifiuti generati dalle attività di costruzione e demolizione. Inoltre, nel biennio 2011/2012, la produzione di rifiuti speciali pericolosi evidenzia un aumento percentuale dell’8,1% in controtendenza con l’andamento osservato nei due anni precedenti”.
La Toscana tuttavia risulta essere tra le regioni virtuose dove, a fronte della sesta posizione per quantità prodotta, solo l’8 per cento dei rifiuti pericolosi finisce in discarica o verso gli inceneritori. Ma è su scala nazionale che secondo gli operatori del settore occorre mettere a punto strategie operative e arrivare al termine del trattamento nella maniera più sostenibile sia per l’ambiente che sotto il profilo finanziario per garantire una sempre più forte tracciabilità di tutto il percorso, dalla raccolta alle modalità di smaltimento.
“I rifiuti speciali e soprattutto quelli pericolosi – ha sottolineato Paolo Ghezzi, vice sindaco di Pisa e responsabile scientifico del master – rappresentano un vero problema di gestione ed economico. Pensare poi che 55 milioni di tonnellate provengono dal settore costruzioni e 28 dal trattamento di fanghi di deputazione permette facilmente di comprendere la trasversalità del settore rifiuti e l’attenzione che ad esso va prestata per la tutela dei meccanismi virtuosi di trattamento, recupero e smaltimento”. “E’ importante – ha concluso il presidente di Cispel Toscana, Alfredo de Girolamno – chiudere il cerchio del trattamento dei rifiuti speciali all’interno della Toscana secondo il principio di prossimità, realizzando nuovi impianti (fanghi, pulper, rifiuti pericolosi) e utilizzando meglio, anche per i flussi di rifiuti speciali, gli impianti esistenti e previsti per la gestione dei rifiuti urbani in una logica di interazione fortemente voluta dal nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti, a partire proprio dalla gestione dei fanghi di depurazione civile”.