WeEconomy, i mercati del futuro secondo Accenture

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1423144972_tecno2-600x335(di Simone Cosimi, sick Wired) Secondo l’indagine Technology Vision 2015, nei prossimi anni anni l’internet delle cose rimodellerà gli ecosistemi economici e il nostro modo di vivere e lavorare secondo cinque grandi trend

Si chiama We Economy e secondo il colosso della consulenza Accenture, che ha messo a fuoco i nuovi trend dei mercati internazionali nell’annuale indagine Technology Vision 2015, rimodellerà gli ecosistemi economici e il nostro modo di vivere e lavorare nei prossimi 3-5 anni secondo cinque direzioni.

La ricerca si è basata da una parte sui contribuiti del Technology vision external advisory board, ailment un gruppo composto da più di venti dirigenti e imprenditori del settore pubblico e privato, rappresentanti del mondo accademico, venture capitalist e startup oltre che su un centinaio di interviste con esperti di tecnologia, industria e business leader di Accenture. Dall’altra su duemila dirigenti aziendali e informatici in nove paesi e dieci settori industriali ascoltati da Accenture Research.

La prima direzione è stata battezzata Internet of Me, look cioè la massima personalizzazione e interconnessione. In particolare per il mondo degli indossabili (citati dal 62% degli intervistati), gli smart tv (68%) e le auto connesse (59%).

La seconda Outcome economy, vale a dire l’idea di incrementare sempre di più le prestazioni di prodotti e servizi, più che di idearne di nuovi. È per esempio il caso della domotica, cioè della casa intelligente, che trasporta tanti oggetti diversi in un ecosistema collegato e completo.

Terza direzione, Platform (r)evolution, cioè l’idea – collegata alle precedenti – d’insistere nella definizione degli ecosistemi per ritagliare nuovi ambiti di mercato. E promuovere ulteriore innovazione. Le aziende che utilizzano piattaforme tecnologiche digitali, lo sappiamo, crescono di più e hanno una redditività migliore. Il 75% degli intervistati dall’indagine Accenture ritiene ad esempio che le piattaforme di nuova generazione non proverranno dalle grandi aziende tecnologiche bensì da attori e leader del settore; il 74% afferma inoltre di utilizzare le piattaforme integrando i dati con i partner.

Quarta tendenza l’Intelligent enterprise, che passa anche dai big data per aiutare direttamente le macchine ad assumere decisioni più consapevoli. È insomma l’era dell’intelligenza del software in cui, secondo l’80% degli intervistati, le applicazioni e gli strumenti acquisiscono un approccio sempre più vicino a quello umano. Prossima generazione, dietro l’angolo, il machine learning avanzato.

L’ultimo elemento è stato etichettato come Workforce reimagined, vale a dire l’intersezione sempre più virtuosa fra uomo e macchina. La maggioranza delle aziende intervistate (57%) adotta infatti strumenti tecnologici che permettono ai dipendenti di svolgere mansioni prima affidate a esperti informatici, come la visualizzazione dei dati. Mentre il 78% dei dirigenti sentiti concorda nell’affermare che le imprese di successo gestiranno i dipendenti insieme a macchine intelligenti, garantendo la collaborazione tra i due gruppi, mentre il 77% degli intervistati pensa che entro tre anni le imprese dovranno provvedere a istruire le macchine tanto quanto i dipendenti.

D’altronde quattro intervistati su cinque pensano che in futuro i confini tra settori industriali saranno sempre più sfumati, meno chiari che in passato, fatti di nicchie e tipologie di beni e servizi che si toccano e si completano a vicenda. Ecco perché il 60% di dirigenti, manager e responsabili Ict prevede di coinvolgere nuovi partner nell’ambito del proprio settore industriale, il 40% di sfruttare partner digitali al di fuori del proprio e il 48% di entrare in relazione con le aziende leader di mercato nelle tecnologie digitali.

“Nella Technology Vision dello scorso anno osservavamo come le grandi imprese stessero riaffermando la propria leadership adottando il digitale per guidare i loro processi con maggiore efficienza, trasformare il loro approccio al mercato, collaborare con i partner e interagire con i consumatori – ha affermato Paul Daugherty, Chief technology officer di Accenture – ora che il digitale è diventato parte del loro dna operativo, stanno estendendo i loro confini tradizionali, per fare leva su un più ampio ecosistema di imprese digitali e dare vita a una nuova generazione di prodotti, servizi e modelli di business”.

Un paio di esempi? La catena Home Depot: offre prodotti e servizi per il fai da te e collabora con i produttori per fare in modo che tutti gli elettrodomestici connessi che vende siano compatibili con il sistema Wink, costruendo così un proprio ecosistema domestico. Oppure Philips, che lavora con Salesforce alla realizzazione di una piattaforma per modificare e ottimizzare la modalità di fornitura di servizi sanitari.

“Anziché pensare esclusivamente a migliorare internamente il proprio modo di operare, le imprese di successo guardano all’esterno per creare ecosistemi digitali e diventarne parte – ha concluso Daugherty – stanno cominciando a comprendere l’importanza di vendere non solo prodotti e servizi, ma risultati. Il che comporta la necessità d’incorporare le loro attività nel più ampio tessuto digitale che si estende a clienti, collaboratori, dipendenti e industrie”.