Il gruppo del web guidato da Mayer ha in portafoglio il 16, pharm 3% del colosso dell’ecommerce cinese, per un valore di 40 miliardi di dollari. Per venderlo e pagare meno tasse potrebbe trasferirlo a una nuova società o procedere con uno scambio di azioni sulle orme di Buffett
(di CARLOTTA SCOZZARI, Repubblica)
MILANO – Non è un mistero che Yahoo! voglia almeno in parte fare cassa con Alibaba. Il gruppo del web guidato dall’amministratore delegato Marissa Mayer ha in portafoglio il 16,3% del colosso dell’ecommerce cinese, per un valore di 40 miliardi di dollari. L’anno scorso, la società americana aveva venduto azioni di Alibaba per circa 10 miliardi di dollari e ci aveva dovuto pagare sopra tasse per circa tre. Tipicamente, infatti, un gruppo statunitense deve mettere in conto imposte di circa il 35% sulla quota di titoli ceduta.
Ora, il problema, per Yahoo! è che pagare il 35% su una partecipazione che vale circa 40 miliardi di dollari significherebbe, ipotizzando una vendita totale, un esborso di 14 miliardi solo per il fisco americano. Ecco perché è plausibile che ai piani alti del gruppo californiano del web, in questi ultimi mesi, si sia ragionato molto su come fare per monetizzare gran parte della quota in Alibaba, verosimilmente tenendo un piccolo piede in Cina, ma cercando nello stesso tempo di pagare la minore quantità possibile di tasse.
Una strada da seguire, naturalmente legale, la indica Bloomberg. Yahoo! potrebbe, per esempio, fare come John Malone di Liberty ventures, che l’estate scorsa, avendo intenzione di vendere la partecipazione nel sito di viaggi Trip Advisor, ha trasferito la quota a un’apposita società. Quest’ultima ha preso del denaro in prestito da una banca e gran parte di questo finanziamento è stata utilizzata per girare le azioni ai soci di Liberty. Allo stesso modo, Yahoo! potrebbe trasferire la partecipazione in Alibaba a una società di nuova costituzione, che potrebbe prendere denaro a prestito e distribuirlo alla società di internet. Una soluzione che permetterebbe a Yahoo! di pagare meno tasse rispetto a un’operazione di vera e propria cessione.
Un’altra opzione, sempre suggerita da Bloomberg, potrebbe essere quella di seguire l’esempio del guru di Omaha Warren Buffett in quello che nei circoli finanziari è conosciuto come il “cash-rich split”. Buffett lo ha applicato l’anno scorso, quando la sua cassaforte Berkshire Hathaway e la Graham Holdings hanno dato vita a un’operazione che consentiva al finanziere di scaricare la sua partecipazione nell’ex Washington Post evitando la tassa sulle plusvalenze finanziarie (capital gain). Sull’operazione non gravavano tasse poiché alla base c’è stato uno scambio di azioni, non una vera e propria compravendita.