Effetto Draghi su euro e rendimenti Btp: minimi storici

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090501634-bf540b7d-5260-4a12-83e6-15337c0e8a89La Bce ha annunciato un quantitative easing da 60 miliardi al mese. La consistenza dell’operazione è superiore alle attese, ed ma i rischi sono relegati nei forzieri delle Banche centrali nazionali e ciò mostra ancora il frazionamento politico dell’Unione. Visco: “Dobbiamo condividerli”. Sui mercati la valuta unica scende sotto 1, search 12 verso il dollaro, per i decennali italiani il rendimento è inferiore all’1,5%, risparmi per le casse pubbliche. Petrolio in recupero, Pmi manifatturiero come da attese

(di RAFFAELE RICCIARDI, Repubblica)

MILANO – Ore 14:40. Il giorno dopo la mossa storica della Bce di annunciare un piano di quantitative easing, cioè acquisto di titoli – in particolare di Stato -, gli investitori provano a valutare a mente più fredda i tecnicismi dell’azione. I 60 miliardi di euro al mese di spese hanno superato le aspettative, ma resta da valutare bene – e bisognerà probabilmente aspettare i dettagli tecnici di marzo – cosa significa la proposta di ripartizione del rischio di insolvenza degli emittenti. Draghi ha spiegato che al 20% sarà condiviso e per la restante parte sarà in capo alle Banche centrali nazionali, anche se ancora non è chiaro dove avverrà la scelta sui titoli da acquistare. In ogni caso, le pressioni della Bundesbank sono riuscite a spostare il rischio supportato per acquistare i titoli il più lontano possibile da Francoforte, cioè nei forzieri delle singole istituzioni centrali.

Prestiti, esportazioni e debiti meno cari

Anche il governatore italiano, Ignazio Visco, già preoccupato di aprire nuove fratture in Europa, parlando da Davos delle scelte della Bce ha ricordato a Bloomberg Tv: “Dobbiamo condividere i rischi”, ricalcando la linea tenuta nel board, come racconta il retroscena di Repubblica. E ha poi aggiunto: “il piano della Bce mostra determinazione” e conferma che all’interno del board ci sono state “discussioni su quando iniziare gli acquisti”. In ogni caso – ha spiegato – il Qe “funzionerà nella pratica per entità e durata”, ma la politica monetaria non basta e al suo fianco bisogna “lavorare per essere più uniti dal punto di vista politico e fiscale”.

In questa situazione, i mercati sembrano concentrarsi più sull’attivazione della misura – e sulle sue dimensioni – che sul frazionamento politico mostrato ancora una volta. Le ripercussioni dell’annuncio della Bce vanno dal valutario all’obbligazionario. L’euro, in primis, è sempre sui minimi nel cambio sul dollaro all’indomani del Qe: scende sotto quota 1,12 dollari, all’indomani del varo del quantitative easing della Bce. La moneta unica europea è scivolata fino a 1,1186 dollari, un livello che non si vedeva da settembre del 2003.

Il tasso del Btp a 10 anni tocca un nuovo minimo storico scivolando sotto la soglia dell’1,5%, all’1,49%, spinto in ribasso dalla prospettiva che Francoforte indirizzi gran parte del potere di spesa sui mercati proprio verso i titoli di Stato. Lo spread con il Bund si riduce a 112 punti base. Alla fine del gennaio scorso eravamo a quota 225 punti base. Il restringimento ha un significato importante per i conti pubblici. Riprendendo uno studio di Bankitalia come riferimento anche se non più recentissimo (la composizione del debito è un po’ cambiata), si può ricordare che 100 punti base in meno diventano 3,1 miliardi di risparmi al primo anno di emissioni, 6,2 miliardi al secondo e 8 il terzo.

Le Borse si muovono ancora in rialzo: Milano segna un guadagno dello 0,8%, Parigi e Francoforte si rafforzano entrambe al +2,1%, Londra segue a +0,3%. Tra i singoli titoli italiani, occhio a Luxottica per la quale gli analisti di Berenberg abbassano il rating da ‘buy’ a ‘hold’. In ribasso il comparto delle popolari, investito dalla riforma annunciata da Matteo Renzi che porterà le più grandi a diventare Spa. Assopopolari ha però pronosticato battaglia e lo scontro raffredda l’entusiasmo sui titoli. In movimento il comparto delle Tlc, con una serie di operazioni straordinarie delle quali ne beneficia anche Telecom.

L’agenda macreoconomica si concentra sugli indici Pmi, dati importanti che solitamente anticipano l’andamento economico essendo composti attraverso le sensazioni delle imprese. Il Pmi manifatturiero dell’Eurozona a 19 membri è salito a gennaio a quota 51 punti, come da attese. Segnali positivi dal dato composito, che monitora l’attività manifatturiera e dei servizi: è salito a gennaio a 52,2 da 51,4 di dicembre, toccando i massimi da 5 mesi. In Cina, intanto, l’indice calcolato da Hsbc si è attestato sempre a gennaio a 49,8 punti, in lieve rialzo rispetto ai 49,6 punti del mese precedente. E’ sotto la soglia di 50 punti, che separa la contrazione dall’espansione economica, ma migliore delle attese. In Giappone, si è collocato a 52,1 punti. Anche dagli Usa, nel pomeriggio, arriverà l’indice Pmi, insieme alla vendita di case esistenti, e all’indice della Fed di Chicago che a dicembre è scese, oltre le attese, a -0,05 punti.

Le quotazioni del petrolio risentono della cronaca: sono in rialzo dopo la morte di Re Abdullah, sovrano dell’Arabia saudita, principale produttore tra i paesi Opec e fautore della politica di non abbassare i livelli di produzione (quindi far rialzare i prezzi) con l’intento di mettere fuori mercato i produttori Usa: i contratti sul greggio Wti con scadenza a marzo salgono 47,76 dollari al barile, il Brent a 49,80 dollari. L’Agenzia internazionale dell’energia, in ogni caso, non vede cambiamenti nella politica dell’Opec. Tornano invece a scendere sui mercati asiatici le quotazioni dell’oro: dopo l’annuncio di Draghi c’è meno necessità di rifugiarsi in un porto sicuro. Il lingotto con consegna immediata viene scambiato a 1.294 dollari l’oncia.

In mattinata, la Borsa di Tokyo ha terminato gli scambi in territorio positivo, a +1,05%, in scia all’allentamento monetario varato ieri dalla Bce che ha fissato in 60 miliardi di euro gli acquisti di titoli al mese, partendo da marzo e fino ad almeno settembre 2016. L’indice Nikkei, con lo yen tornato a indebolirsi contro il dollaro, guadagna 182,73 punti e si attesta a quota 17.511,75. Anche Wall Street, ieri sera, si è accodata al rialzo Ue: il Dow Jones ha terminato le contrattazioni in progresso dell’1,48% a 17.813,98 punti, il Nasdaq ha guadagnato l’1,78% a 4.750,4 e l’indice S&P 500 +1,53% a 2.063,15.