Il peso del debito sullo Stato: oltre 300 mld l’anno, il 40% di tutte le spese

passaggio soldiTra interessi e rimborsi di prestiti, l’indebitamento genera spese pari al 19% del Pil all’anno: è il capitolo più pesante del bilancio pubblico, seguito dai trasferimenti agli enti locali e dalle pensioni. Tra il 2008 e il 2014, lo Stato ha tagliato più di ogni cosa la voce “Istruzione universitaria” (-19,85% l’anno), mentre le spese per le “Politiche per il lavoro” sono balzate come risposta alla crisi

Negli anni della crisi, tra il 2008 e il 2014, lo Stato italiano ha postato in media oltre 307 miliardi di euro, su un totale di 771 miliardi del suo bilancio, alla voce “debito pubblico”. Una massa di spese, tra interessi a servizio del debito stesso e rimborso dei prestiti in scadenza, che stacca nettamente tutte le altre: il 39,9 per cento del totale delle uscite, con picchi oltre il 42 per cento nel 2010 o nel 2012. In rapporto al Prodotto interno lordo, la voce del debito pesa nella media del periodo oltre 19 punti percentuali.
Numeri che danno consistenza alle richieste europee di mettere un freno e di intervenire in accordo con le regole Ue per la riduzione dell’indebitamento. Passi che il governo si è impegnato a rispettare anche attraverso il piano di privatizzazioni, pur tenendo conto della difficile congiuntura economica che chiede ora misure espansive.I dati emergono dall’analisi del Servizio Bilancio del Senato sull’andamento delle spese per missioni, cioè suddivise per le voci che rappresentano “le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica”. La voce del debito, come accennato, accorpa sia gli interessi che si pagano sullo stock esistente (dovrebbero essere 76 miliardi nel 2014), che i rimborsi. Questi ultimi, però, vengono sostituiti da nuove emissioni, che vanno a sostituire i titoli di Stato in scadenza evitanto ‘scompensi’ di cassa al Tesoro, che invece fa una gestione oculata della situazione per cercare di sfruttare al meglio i momenti dei mercati.

Dopo il debito, dalle tabelle emerge che le uscite maggiori riguardano le relazioni finanziarie con le autonomie locali (trasferimenti agli enti), poi le politiche previdenziali (pensioni) e quelle economico-finanziarie e di bilancio. L’istruzione scolastica supera di poco il 5% del totale delle spese, mentre quella universitaria oscilla intorno all’1%.

Quest’ultima, per altro, ha sunito il maggior taglio dal 2008 a oggi: “In termini di variazioni percentuali, le missioni maggiormente ridimensionate nel periodo considerato sono, nell’ordine, la missione Istruzione universitaria (-19,9 per cento in media con un picco pari a -83,6 per cento nel 2010 e una riduzione cumulata pari al 119 per cento in sei anni)”, dicono i tecnici. Penalizzate anche le missioni “Fondi da ripartire” (-14,5 per cento in media con un picco pari a -51,8 per cento nel 2011 e una riduzione cumulata pari all’87 per cento in sei anni), una sorta di tesoretto per le varie ed eventuali e la missione Ricerca e innovazione (-12,17 per cento in media, -73,03 per cento in termini cumulati)”.

Le azioni di contrasto alla crisi economica hanno invece determinato quali fossero le missioni a “beneficiare dei maggiori incrementi di spesa: Politiche per il lavoro (+23,31 per cento in media, +139,84 per cento in termini cumulati in sei anni) e la missione Sviluppo e riequilibrio territoriale (+16,67 in media, +100,01 per cento di aumento cumulato)”. Il costo della missione del debito stesso è salito in media del 3% annuo.

di RAFFAELE RICCIARDI, La Repubblica
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