Tra interessi e rimborsi di prestiti, l’indebitamento genera spese pari al 19% del Pil all’anno: è il capitolo più pesante del bilancio pubblico, seguito dai trasferimenti agli enti locali e dalle pensioni. Tra il 2008 e il 2014, lo Stato ha tagliato più di ogni cosa la voce “Istruzione universitaria” (-19,85% l’anno), mentre le spese per le “Politiche per il lavoro” sono balzate come risposta alla crisi
Dopo il debito, dalle tabelle emerge che le uscite maggiori riguardano le relazioni finanziarie con le autonomie locali (trasferimenti agli enti), poi le politiche previdenziali (pensioni) e quelle economico-finanziarie e di bilancio. L’istruzione scolastica supera di poco il 5% del totale delle spese, mentre quella universitaria oscilla intorno all’1%.
Quest’ultima, per altro, ha sunito il maggior taglio dal 2008 a oggi: “In termini di variazioni percentuali, le missioni maggiormente ridimensionate nel periodo considerato sono, nell’ordine, la missione Istruzione universitaria (-19,9 per cento in media con un picco pari a -83,6 per cento nel 2010 e una riduzione cumulata pari al 119 per cento in sei anni)”, dicono i tecnici. Penalizzate anche le missioni “Fondi da ripartire” (-14,5 per cento in media con un picco pari a -51,8 per cento nel 2011 e una riduzione cumulata pari all’87 per cento in sei anni), una sorta di tesoretto per le varie ed eventuali e la missione Ricerca e innovazione (-12,17 per cento in media, -73,03 per cento in termini cumulati)”.
Le azioni di contrasto alla crisi economica hanno invece determinato quali fossero le missioni a “beneficiare dei maggiori incrementi di spesa: Politiche per il lavoro (+23,31 per cento in media, +139,84 per cento in termini cumulati in sei anni) e la missione Sviluppo e riequilibrio territoriale (+16,67 in media, +100,01 per cento di aumento cumulato)”. Il costo della missione del debito stesso è salito in media del 3% annuo.