SESSO A EST
SOLO LE PIU’ SFORTUNATE LAVORANO IN STRADA. IN ROMANIA PER LE PROSTITUTE PIU’ BELLE CI SONO LE DISCOTEQUE O IL TAM -TAM DEI CLIENTI. UNA DI LORO RACCONTA…
STEFANIA CHE SI VENDE A BUCAREST
di Cesare Lanza
Ventidue anni, capelli neri, alta almeno un metro e ottanta, camicetta bianca appena slacciata su un seno all’apparenza marmoreo, gonna scura e lunga, occhi intelligenti e ironici, bocca piccola a cuore, dipinta con un violento rossetto.
Si chiama Stefania. Ha bussato alla porta del mio appartamento all’hotel Hilton di Bucarest, è entrata guardandosi intorno con disinvoltura, poi si è seduta sul divano stendendo le gambe lunghissime sulla poltrona a fianco. Ora mi fissa dritto negli occhi con intenzionale sfrontatezza, le mani verso di sé, come per dire: “Guardami! Non è tutto a posto, qualcosa non va?”.
Sono le due di notte. Stefania è una delle migliaia di prostitute che popolano la vita notturna di Bucarest, impropriamente definita la Cuba dell’est europeo. A Cuba le ragazze ti assaltano dovunque, per strada. A Bucarest la strada è solo per i disperati, tutto avviene in discoteca, ma c’è anche un giro speciale, Stefania fa parte di una serie di nomi, entro certi limiti, riservati. Un mio amico, e suo cliente, mi ha dato il numero del suo cellulare. Parla un italiano quasi perfetto. Al telefono abbiamo concordato tutto, la tariffa è nota: cento dollari per lei, più venti per una mancia al portiere d’albergo e alle guardie di servizio. Le ho chiesto però, anziché la sua prestazione professionale, un’intervista sul mestiere che fa.
“Davvero”, dice con ironia “tu vuoi solo intervista e non amore con me?”
– Sì. Davvero.
“Neanche piccolo spogliarello?”
Si alza, accenna a qualche mossa di ballo, fa finta di slacciarsi la camicia. Apre il frigobar, si serve da bere (gusti semplici: succo di ananas). Viene a scoccarmi un bacetto sulla guancia, la pulisce dal segno del rossetto, apre la borsa e tira fuori un paio di occhialini.
“ Ecco, molto distinta io. Potrei essere segretaria, dirigente, non è vero?”
– Vero.
Ride. “Come si dice in italiano? Bugiardo!”
– Ma no. E’ vero: potresti essere una segretaria di Wall Street, una
studentessa di Parigi… una hostess di questo albergo. Una ragazza della buona società parigina. Unico segno inadatto, scusami, il rossetto.
“Amore mio! Vuoi che lo tolga? Lo tolgo. Scusa, non fai complimento a me così per fare? E’ importante per me. Prima cosa, per una ragazza come me, non sembrare… di essere una come me. Tu capisci?”
Annuisco. Capisco.
Prima che riesca a fermarla, è andata in bagno, è tornata con un fazzolettino, si pulisce la bocca, mi dà un altro bacetto senza più bisogno di pulirmi la guancia.
Si sdraia sul divano, gambe all’aria.
“Cosa vuoi sapere da me?” Inarca le sopracciglia, finge di essere
sospettosa, ma con evidenza è di temperamento allegro. Non riesce a restare seria. “Dimmi, signore!”
Poso centoventi dollari accanto alla sua borsetta. Lei replica con un gesto: “Non c’è fretta”, dice generosamente e lascia i soldi sul tavolo. “Cosa vuoi sapere?”
– Ad esempio, quanti clienti hai avuto oggi.
“Tu sei il primo.”
– Non è credibile.
“Giuro. E’ vero: oggi è domenica, poco lavoro. I clienti migliori sono i turisti, nel week end. Molti italiani. Quando mi hai telefonato, già dormivo.”
– E le altre sere?
“Uno, due. Anche tre. Mai più di tre.”
– Diciamo cinquanta clienti al mese?
“Tra cinquanta e cento”, risponde con sincerità.
– Dunque , ogni mese, cinquemila dollari al minimo. Cinquanta/sessantamila dollari l’anno. Cosa fai di tutti questi soldi? Una famiglia rumena media, genitori e due figli, vive con tre, quattrocentomila lire al mese.
“Tra due anni vorrei smettere. E andare in Svezia. Due mie amiche vivono lì. Cambiare vita, trovare un marito, fare bambini.”
– Una parte dei tuoi soldi va a un protettore?
“Cosa vuol dire?”
– Uno che ti sfrutta, pretende una parte dei tuoi soldi.
“Ah, capito! Non ho protettori, io. Protettori sono per strada, per ragazze da marciapiede. Quelle che prendono dieci, anche solo cinque dollari, dai clienti.”
– Per te come funziona?
“Frequento discoteca. Vengono turisti, bevono, ballano, scelgono. Poi andiamo in albergo. Ma io preferisco prendere i clienti, per telefono.”
– Come?
“ Il mio numero passa di amico in amico. C’è fiducia. Telefonano, io vengo in albergo. Facciamo amore, prendo i soldi, vado via, nessuno vede, nessuno sa niente. Sono fortunata, non tutte fortunate come me.”
– Fortunata?
“Ho cominciato subito, per telefono. Un’amica mi ha presentato i suoi clienti. Niente strada. Niente protettori. In discoteca solo quando non ci sono clienti. E sono amica di polizia. Se c’è bisogno, mi aiutano poliziotti.”
– Quando hai cominciato? E perchè?
“Due anni fa. Perché? La verità: ero un po’ gelosa di mia amica, ricca, elegante, sempre tanti soldi, vita senza problemi. La prima volta avevo paura.
Era italiano. Gli ho detto verità. Lui tenero, voleva darmi soldi senza fare niente. Ma io ho voluto. Per cominciare.”
– Quali sono i problemi, nel mestiere?
“Nessun problema. Qualche maniaco, qualche violento. Ma io non faccio niente di strano. Neanche amore in tre. Tutto semplice, pulito. O niente.”
– Ma ti piacerebbe un’altra vita?
“Questa è la mia vita. Nessun problema.”
Abbiamo chiacchierato per un’ora. Stefania è figlia unica, il padre impiegato, la mamma infermiera. I genitori sanno quello che lei fa, non hanno niente da obiettare. Lei non vive in casa (divide un appartamento con due amiche), ma ogni mese passa un po’ di soldi, pochi, in famiglia. Ha studiato fino al liceo.
Ci sono migliaia di prostitute, a Bucarest. Stefania è una delle cinquanta, cento ragazze bellissime, eleganti, di stile insospettabile, istruite, educate, che si comportano come in buona società e si prostituiscono – finchè possono, se riescono a non finire per strada, se riescono a smettere – solo con clienti di target alto. Sono le ragazze preferite dai turisti europei e orientali. A Manhattan o a Montecarlo, a Londra o a Berlino – ma anche a Roma – prenderebbero cinquecento, mille, anche duemila dollari. Molti italiani (piccoli imprenditori, manager, commercianti), vengono a Bucarest nel week end per divertimento o per convegni di lavoro, molti sono invitati dai casinò, per giocare. Alcuni sono fedeli, si “fidanzano” con la stessa ragazza.
Quando se n’è andata, fino all’ultimo, mi ha chiesto incredula: “Davvero non vuoi fare amore con me? Neanche piccola cosa?”
“Non questa volta, Stefania.”
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Capital – maggio 01