Dai servizi di pagamento alla raccolta fondi, buy fino alle gestioni. Per l’innovazione tecnologica banche e startup hanno speso 485 miliardi, seek più di ogni altro settore. Italia in ritardo, for sale ma nel 2015 si prevedono grandi numeri(di ANDREA GRECO, La Repubblica)
MILANO – Ci ha messo un po’ ad arrivare, la tecnologia applicata ai servizi finanziari, ma nel 2014 i grandi numeri stanno arrivando. Nel mondo si parla ormai di un fiume di miliardi: 485 secondo Gartner quelli investiti nell’anno che si chiude per l’innovazione tecnologica in finanza, più che ogni altro settore. In Italia siamo ancora ai milioni, e pochi: 7 per l’esattezza, con 107 aziende startup di cui quasi metà sono di raccolta fondi (crowdfunding). Ma il ritmo della crescita proseguirà forte nel 2015, e il settore del “Fintech”, che mischia finanza e tecnologia, colmerà il ritardo accumulato e legato a diversi motivi come l’alta regolazione del settore, le barriere culturali e tecnologiche, la forza conservatrice della lobby bancaria. Una decina di anni fa erano stati i servizi di pagamento il Cavallo di Troia della finanza telematica. Poi sono venute le piattaforme per scambiare denaro – e pochi giorni fa a Wall Street è sbarcata Social Lending, spuntando una capitalizzazione per una decina di miliardi. Poi le monete virtuali, con tutto il fascino che può evocare una valuta scollegata a un paese e alla sua banca di emissione (e le problematiche connesse, vedi le speculazioni sui Bitcoin, e la sua rumorosa caduta che ne ha fatto la peggior valuta del 2014 con un deprezzamento del 56%). Ma il filone ultimo nato, che nel gergo degli utenti viene chiamato dei Robo-advisor, sembra in prospettiva il più promettente, e riguarda l’investimento di denaro online.
“La tecnologia ci permette di consigliare alle persone come investire in modo molto più indipendente ed efficiente rispetto ai tradizionali canali finanziari – dice Paolo Galvani, presidente di MoneyFarm -. Fino a ieri per avere consigli di gestione bisognava ricorrere ai canali bancari e ai promotori finanziari, con le note dinamiche di conflitti di interesse e di scarsa autonomia rispetto alle fabbriche prodotto”. Mentre i consulenti indipendenti hanno spesso costi eccessivi se le somme investite sono limitate, nell’ordine di qualche migliaio di euro. “La tecnologia dà le risposte adeguate – continua Galvani -: può offrire un servizio diffuso per soluzioni di investimento con cifre anche piccole e spirito di indipendenza. Un Robo-advisor guadagna solo con la commissione del cliente: quindi è totalmente allineato al suo interesse”. MoneyFarm ha raccolto finora più di 4 milioni di euro e Galvani è anche tra i fondatori di Prestiamoci, la prima comunità di prestiti tra persone nata in Italia, e da poco venduta a Trustbuddy che opera nei finanziamenti P2P (tra soggetti paritetici). Significative nella nicchia sono anche le esperienze di Eppela e AdviseOnly, mentre dal canto loro e con ben altri budget le banche tradizionali cercano di non perdere il presidio della clientela.
Oltre alle big Intesa Sanpaolo e Unicredit, vanno segnalati gli investimenti di Mediolanum, Mediobanca con Chebanca! e Mps con Widiba, per giungere ai clienti più giovani e remoti. In Europa, secondo StrategyEye, gli investimenti di capitale di rischio – il primo a muoversi – in aziende del settore nel 2014 sono saliti a 2,8 miliardi di dollari, molto più degli 1,8 miliardi dell’anno prima. I paesi più interessati sono Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Russia, Francia.
Anche qui l’Italia è indietro, ma il ritardo costituisce un’opportunità, specie alla luce della rapida diffusione degli smartphone nel paese. “Il 2015 non può che essere un altro anno di crescita – aggiunge Galvani – anche perché nel sistema degli investimenti c’è ancora tanta inefficienza, quindi lo spazio per crescere è grande: prevedo un aumento significativo dei volumi raccolti dai fondi gestiti da Robo-advisor”.