Seppure da sempre alla ricerca di nuove scoperte, tadalafil è certo che l’uomo resti affascinato dalla natura e dalla vita selvaggia.
Basti pensare alle espressioni che sono entrate nel nostro quotidiano. Mi vengono in mente “lotta per la sopravvivenza” intesa come lotta per la vita, che dall’opera di Giovanni Verga s’è adattata agli operai che oggi difendono il posto di lavoro minacciati da una globalizzazione di cui spesso mi chiedo i meriti…Oppure “forte come un leone”, immagine retorica usata per indicare un individuo di grande prestanza fisica…O l’analogia “giungla d’asfalto” tratta dal romanzo di William Burnett che ormai identifica le nostre città…
Ma non solo. Prendete il grande successo dei documentari televisivi sulla vita animale che dovrebbero regalarci un po’ d’evasione dopo una giornata trascorsa tra quattro mura. Ecco, allora, che digeriamo davanti alla tv con immagini di savane sterminate dove ogni mattina (come diceva la pubblicità…sigh!) tutti gli animali si svegliano pensando di dover correre più di qualche altro, mammifero o rettile o cos’altro sia.
A ripensarci, anche le Comuni degli anni Settanta degli figli dei fiori professavano il contatto con la terra e la natura…O il rinnovato impegno ecologico che tenta di trovare un equilibrio tra il progresso e –per esempio- le esigenze degli orsi…O le sfide “sportive” di alcune manifestazioni agonistiche tra deserti sconfinati, montagne inaccessibili, marosi infuriati.
Tutto questo e molto altro ci porta a rendere alcune destinazioni esotiche molto attraenti, tanto che in internet si possono leggere resoconti di turisti di ogni nazionalità che raccontano le loro esperienze in Paesi dove la natura ancora è ancora fortemente presente. L’Africa, forse più di ogni altro continente, è oggetto di resoconti dove le escursioni nei parchi naturali rendono (giustamente) felici migliaia e migliaia di turisti.
Fu leggendo proprio di questi viaggi che credo di aver colto un’iniziativa che non conoscevo. In pratica, dato che gli animali si vedono maggiormente all’alba ed al tramonto intorno all’acqua (fiumi, laghi, stagni o pozze), pare che in alcuni parchi africani si sia provveduto a scavare dei pozzi articiali per creare specchi d’acqua che richiamino gli animali per abbeverarsi. Hanno, quindi, creato dei nuovi punti di attrazione lungo le piste facilmente accessibili alle jeep ed alle macchine fotografiche dei turisti.
Nella sua semplicità l’idea mi è parsa davvero intelligente: utile per gli imprenditori dei “game drive” (safari fotografico è piuttosto demodè), utile per gli animali che nei documentari appaiono sempre un po’ stremati dalla sete.
L’aspetto curioso è che, da qualche tempo, una cosa del genere si vede anche a…Roma!
In un quartiere periferico sulle sponde del fiume Aniene, lungo le quali corrono una pista ciclabile e la ferrovia. Ebbene, alla fontanella pubblica posta sul marciapiede, al mattino presto e alla sera, arrivano degli immigrati con delle vecchie carrozzine per bambini piene di bottiglie di plastica che provvedono a riempire ordinatamente. Se arriva un ciclista assetato diligentemente interrompono, lo lasciano dissetarsi e poi ricominciano. Finito l’approvvigionamento si dirigono nei meandri che costeggiano la Tangenziale Est, scomparendo alla vista chissà dove. Normalmente sono giovani donne, raramente uomini, vestite alla maniera zingaresca, ma non chiedetemi di più su di loro, non saprei proprio.
Questo comporta che alcuni residenti pensino che ogni problema di sicurezza ormai derivi dalla permanenza di queste persone alla fontanella: riempire bottiglie e taniche richiede non poco tempo e così queste giovani sentinelle sembrano poter apprendere le nostre abitudini, riconoscerci, vederci entrare e uscire dai nostri portoni e pertanto serpeggia l’idea che potrebbero essere i segnalatori di quando le nostre case restano deserte. Si è ridotti a macerare nell’idea che questi immigrati ci abbiano circondato, contribuendo a creare uno stato d’animo di perenne sospetto. Tra alcuni condomini se ne parla, si bortotta e mugugna, nessuno sa bene cosa fare, ma certo non vivono sereni.
E’ comunque scontato dire che anche per questi nomadi non vada meglio, ridotti alla stregua di animali attorno a una fonte d’acqua da raccogliere e portare chissà dove.
Alessandro Di Giacomo