Il 4% del Pil nel Paese arriva dalla coltivazione di oppio, troche che fornisce il 90% del mercato illegale mondiale. Ma l’aumento della produzione ha portato a un calo dei prezzi. Così Wayne Arden, consulente del dipartimento della Difesa americano, propone di convertire i terreni con melograno e altri prodotti – dall’uva alle noci – più redditizi
L’aumento della produzione però porta a un progressivo calo del prezzo e questo è il punto che interessa all’esperto. Che parte dall’analisi dell’agricoltura in genere: un terzo del Pil afgano, che è di 21 miliardi in dollari, dipende da quel settore, che impiega peraltro i tre quarti della popolazione. In questi anni, gli aiuti internazionali si sono concentrati nel migliorare le varietà delle piante esistenti e le condizioni di produzione, oltre alle vie di trasporto interne.
Ora, crollando il prezzo dell’oppio, gli afgani potrebbero arrivare a trovare più utile coltivare altre piante. L’idea, racconta Arden, è nata dall’incontro con un esportatore di melograni a Kandahar, che gli ha spiegato: “Noi in Afghanistan abbiamo tutto, ma non abbiamo nulla. Magnifici melograni, contadini. Ma non sappiamo nulla del mercato internazionale, dei trasporti, del modo giusto di impacchettare una merce”. In effetti, gli afgani di quelle nove province coltivate a oppio sanno soprattutto come si coltiva il papavero, come s’incide, come si secca e conserva quel prodotto che spesso è anche moneta di scambio. Ma in Afghanistan i prodotti agricoli sono almeno 70 e secondo uno studio della ong Roots of Peace, che ha fatto specifiche ricerche sul campo, il guadagno netto per ettaro mette i melograni sopra l’oppio: il secondo infatti può arrivare a dare 35 chili in un anno, che freschi e non lavorati valgono 6.700 dollari, mentre i melograni, sempre di un ettaro, danno 21 chili che fruttano 7.300 dollari.
Oltre al melograno, Arden elenca altri otto prodotti presenti in Afghanistan che valgono più del papavero: due tipi di uva, ciliegie, arance, due tipi di mandorle, noci. Ci aggiunge altri prodotti con ottimo potenziale per le esportazioni come fichi, albicocche, pistacchi, zafferano, sesamo, prugne. E segnala come tutta o quasi l’esportazione afgana viaggia per ora solo via camion verso Iran, Pakistan, Turkmenistan e altre regioni dell’area, dove i prezzi sono bassi. Mentre dotare il Paese almeno di una linea ferroviaria che lo colleghi via Mazar-e-Sharif, nel nord, con la rete ferroviaria del Turkmenistan renderebbe possibili i collegamenti con Istanbul, il Medio Oriente e soprattutto l’Europa, come nuovi investimenti nel ramo, sia nazionali che internazionali, potrebbero far arrivare i melograni afgani fino in America e Oceania. Al posto dell’oppio che il mercato illegale fa già viaggiare perfettamente.