Perdita doppia del Prodotto interno lordo, aumento della forbice nel mondo del lavoro, ripresa dei flussi migratori di persone dalle alte competenze. La crisi economica ha di nuovo accentuato le differenze tra il Nord e il Sud dell’Italia e Bankitalia lo certifica nella pubblicazione L’economia delle regioni italiane fresca di stampa.
“Nel 2008-09 il brusco calo delle esportazioni ha avuto effetti soprattutto nel Nord Ovest e nel Nord Est. Nel biennio 2010-2011, mentre il Centro Nord recuperava beneficiando di una ripresa dell’export, nel Mezzogiorno il prodotto continuava a contrarsi. Il biennio successivo, caratterizzato da una forte flessione della domanda interna, ha visto un calo del prodotto più forte nel Mezzogiorno”, spiegano gli economisti di Palazzo Koch. Il risultato di questa dinamica è che “nel 2013 il Pil del Mezzogiorno era inferiore a quello del 2007 del 13,5 per cento”, mentre nel Centro Nord la distanza dal livello pre-crisi, per quanto considerevole, era limitata al -7,1%.
“Fra il 2007 e il 2013”, dice ancora Bankitalia, “il valore aggiunto dell’industria si è ridotto in misura più contenuta nelle regioni del Nord rispetto al Centro e al Mezzogiorno. Nel periodo di crisi è aumentata la dispersione nella performance delle imprese”.
Ma la dinamica torna a penalizzare il Sud se si guarda all’occupazione e al mercato del lavoro. “Il calo dell’occupazione ha accentuato l’eterogeneità tra sistemi locali del lavoro. L’aumento di quest’ultima è riconducibile per oltre un terzo al più intenso deterioramento dell’occupazione nel Mezzogiorno”, dice lo studio. “Dal 2012 sono aumentati i trasferimenti di residenza dal Mezzogiorno verso il Centro Nord ed è aumentata la quota di migranti con elevati livelli di istruzione”.
Nel report si sottolinea come il divario nei tassi di occupazione tra il Mezzogiorno e il Centro Nord si è attestato nel 2013 a circa 21 punti percentuali (18,8 nel 2007). Tra il 2007 e il 2013, l’occupazione è calata complessivamente del 9,5 per cento nel Mezzogiorno, a fronte dell’1,1 per cento nel Centro Nord. “In entrambe le aree il tasso di occupazione è calato soprattutto per i più giovani. Nella classe di età 15-24 anni il calo è stato meno intenso nel Mezzogiorno, dove tuttavia già prima della crisi si registravano valori molto bassi”. Nello stesso periodo è invece aumentato il tasso di occupazione degli individui tra i 55 e i 64 anni, anche per effetto delle recenti riforme previdenziali che hanno allungato la vita lavorativa. In questo caso la crescita è stata più sostenuta nelle regioni settentrionali. “La differenza territoriale può essere in parte spiegata con gli effetti delle riforme previdenziali, che hanno rallentato il flusso di pensionamenti al Centro Nord più che nel Mezzogiorno: tra il 2007 e il 2013 la quota di pensionati sul totale della popolazione tra i 55 e i 64 anni è calata di 7,6 punti al Centro Nord (al 27,5 per cento), mentre nel Mezzogiorno ha mostrato una contrazione più contenuta (4,3 al 18,4 per cento)”.
Facendo i conti in tasca alle famiglie, Bankitalia dice che tra il 2007 e il 2013, il calo della spesa per i consumi delle famiglie meridionali è stato superiore a quello del loro reddito disponibile; nel resto del Paese solo a partire dal 2012 la caduta dei consumi è stata superiore a quella del reddito disponibile. “Il Mezzogiorno continua a caratterizzarsi per un minor peso dell’indebitamento sul reddito disponibile e una minor quota di famiglie indebitate; il grado di vulnerabilità finanziaria di queste è tuttavia maggiore rispetto al Centro Nord”. Eppure l’attività redistributiva da parte del pubblico genera ogni anno flussi finanziari consistenti in favore del Mezzogiorno, destinati a finanziare principalmente la redistribuzione “interpersonale”.
Guardando invece alle imprese, Bankitalia disegna un quadro in cui le imprese meridionali “sono più dipendenti dal credito bancario e fronteggiano condizioni di accesso ai finanziamenti bancari tradizionalmente peggiori”. Durante la crisi, “l’aumento del numero di imprese razionate è stato sostanzialmente omogeneo tra le due aree del Paese; si è ampliato il divario nel costo del finanziamento”.
La Repubblica