GARCIA E GIOCO LENTO, DUBBI SULLA ROMA

Garcia
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Garciadi Cesare Lanza Corriere sport stadio

Premetto che qualcuno (spiritosamente) mi chiama “Lanza senza creanza” perchè spesso mi espongo a valutazioni scomode, sale addirittura a previsioni azzardate. Quando le azzecco, nessuno mi fa i complimenti (fui tra i pochissimi a prevedere un buon successo della Nazionale nel 1982 e del 2006) e quando sembra che esageri (ad esempio per l’eliminazione della Nazionale del Trap, che avvenne per maggior colpa del nostro cittì piuttosto che di quell’impopolare arbitro, di cui oggi neanche voglio fare il nome) non mi vengono risparmiati gli strali. Quando poi, com’è umano, sbaglio tutto (ad esempio, sostenni scioccamente che Pirlo, ceduto alla Juve, fosse ormai finito), vengo giustamente fustigato: la memoria dei tifosi, in questo casi, è formidabile.
Oggi vorrei esprimerre alcune perplessità sulla Roma e la cautela del pistolotto che vi ho appena inflitto è giustificata dal fatto che scriverò qualcosa che risulterà indigesto a tutta la Roma romanista. Quindi, a mia tutela, aggiungo che sono un passionale tifoso genoano, ma se il Genoa mi è padre negli affetti, la Roma è insostituibile madre. Per il Genoa soffro e mi struggo da quando avevo sei anni e da quel giorno sono passati quasi sette decenni. Ma la Roma mi è entrata nel cuore perchè con la Roma cominciò il mio percorso giornalistico: Antonio Ghirelli mi assunse qui, quando avevo vent’anni, in questo giornale e mi affidò (non ho mai capito perchè) l’atletica leggera e, con mia gioia, il ruolo di reporter dai campi di allenamento dei lupi giallorossi. Come avrei potuto non amare la Magica, anche se allora tutto era fuorchè magica? Era la povera Roma di don Oronzo Pugliese in panchina e di Franco Evangelisti alla presidenza. Mi permisi di definire la squadra “l’anonima picciotti” o anche “Rometta”: erano quasi tutti giocatori mestieranti, ricchi di volontà ma privi di qualità, salvo il minorenne Fabio Capello: Evangelisti, irritato dalla mia impertinenza, mi odiò a lungo. La Roma era bersagliata da unanimi ironie. Aldo Biscardi, che non aveva ancora scoperto la televisione, denigrava perfino Capello (per me, invece, un vero leader) perchè correva esibendo un sedere basso e una schiena rigida. Al contrario, io adoravo Fabio, feci alcune trasferte con la Roma su treni pulciosi e pulman scassati e vidi da vicino che tutti gli anziani della squadra trattavano il ragazzetto con deferenza, come fosse il capo.
Vabbè, veniamo a oggi. Le mie perplessità? D’estate sentivo tanti miei amici tifosi inebriati dagli acquisti, a Ferragosto pareva che stessero già festeggiando scudetto e grandi imprese in Champions. Ero perplesso allora e lo sono ancor oggi, quando tutto – in fondo – è ancora possibile. Premesso che questo eccessivo entusiasmo
(che spesso, nella storia, si alterna a esagerate depressioni) diventa puntualmente la nutrice di ogni ansia razionale, ecco tutti i i miei dubbi, con la speranza che vengano smantellati ad uno ad uno, nei prossimi mesi. Prima di tutto, peraltro come molte altre italiane a confronto con le squadre dominanti in Inghilterra, Germania e Spagna, la Roma è lenta. Sogno di vedere capolavori di rapidità come quello, indimenticabile, del gol di Iturbe alla Juve su intuizione di Gervinho…ma, sostanzialmente, la squadra ha un gioco lento. E temo che si stiano delineando i punti deboli dell’acclamato (e bravo) Garcia, di fronte a risultati e prestazioni negative: insicurezze, contraddizioni, errori palesi, soprattutto timidezza di fronte all’opportunità di lanciare giovani come Sanabria e Paredes, a mio sommesso parere preferibili. in alcune occasioni, rispetto ai titolari.
Poi, i miei dubbi investono, perdonatemi, alcuni celebrati campioni. De Sanctis è stato un grande portiere, ma oggi non lo è più. E l’infortunio gli ha pesato molto. Non ha scatto di reni, non esce quasi mai sui palloni alti. Si sbraccia a sgridare la difesa, ma certo non dovrebbe sbracciarsi, se riuscisse a dare maggior sicurezza
ai compagni. Meglio di lui, anche da subito, Skorupsky. De Rossi: è stato un mio idolo e tale resterà nei ricordi, ma oggi, se arrivasse una fantastica offerta, lo cederei: con una stretta al cuore, ma lo cederei. Pjanic: è un fenomeno, ogni campionato ci regala due o tre meraviglie, ma partita per partita è lento lentissimo: favoloso nelle punizioni, ma anche per lui vale la riflessione fatta per De Rossi. Cederlo subito, se arriva un’offertona. (Sabatini ha ben dimostrato di saper investire i soldi ricavati da grandi cessioni!) Destro? Non è un fuoriclasse, lasciamogli il diritto di cercare fortuna altrove!
Qui, nella Roma, rappresenta un’assura alternativa a Totti. Il Capitano, finchè avrà forza, non si può discutere: vero è che, con lui in campo, molte scelte tattiche diventano obbligate. Ma ne vale la pena, eccome. Conclusioni pessimistiche, allora? No. Solo ragionevoli dubbi. Penso che, oltre a Totti, i difensori greci, Naingolan, Florenzi, Iturbe velocissimo e Keita nato col pallone al piede (chi mglielo toglie?), e Gervinho (per estro e velocità, una prova dell’esistenza di Dio), e anche Ljalic – bisogna insistere su di lui, ha velocità e “numeri” – rappresentino un eccellente impianto di squadra. E infine, speriamo, ci sarà il pieno recupero di Strootman.
La Roma insomma può battersi contro tutte e battere tutte, anche il Manchester United, se giocasse come sa.
Può aspirare a tutto. Però non mi piace affatto che Garcia continui a ripetere che vincerà lo scudetto, e illudendo la città, e contagiando il sobrio De Rossi che già – dice – punta a vincere l’europeo, con la Nazionale. Detestatemi, se volete: sarò senza creanza, ma perchè non vinciamo – prima! – e solo dopo aver vinto ce la suoniamo e ce la cantiamo?

cesare@lamescolanza.com