A comprare le azioni dalla Cassa Depositi e Prestiti, generic partecipata in minoranza dagli enti guidati da Giuseppe Guzzetti, è anche la Cassa nazionale forense: ascoltati i consigli degli analisti di Mediobanca che suggerivano di diversificare il portafoglio in direzione delle utility
di CARLOTTA SCOZZARI
Cambio della guardia, anche se non radicale, nell’azionariato della Cdp Reti, ossia la controllata della Cassa depositi e prestiti (Cdp appunto) che custodisce il 30% del capitale di Snam e il 29,85% di Terna. La Cdp guidata da Giovanni Gorno Tempini, come stabilito dal consiglio di amministrazione di luglio, ha ceduto quote di minoranza della società delle reti a trentatrè Fondazioni di origine bancaria e alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense per un ammontare complessivo di 313,5 milioni di euro. Lo precisa una nota che aggiunge che 173,5 milioni provengono dalle Fondazioni e 140 dalla Cassa, mentre la partecipazione oggetto di cessione sarà determinata sulla base della media a tre mesi dei prezzi di Borsa di Snam e Terna rilevata in prossimità della chiusura dell’operazione (a oggi sarebbe pari a circa il 5,88 per cento).
In realtà, quello delle Fondazioni non è un vero e proprio ingresso nella società, se si considera che gli enti capitanati da Giuseppe Guzzetti sono già azionisti, sia pure di minoranza, con il 18,4%, della Cdp (il resto del capitale è in mano allo Stato attraverso il Tesoro). In altri termini, le Fondazioni rilevano le quote da una società di cui figurano già azioniste minori. Certo è che in questo modo, gli enti diventeranno soci diretti sia di Snam, sia di Terna, andando così verso quella diversificazione del portafoglio a vantaggio delle utility e a scapito delle banche che in tanti predicano e che qualche anno fa gli analisti di Mediobanca avevano messo nero su bianco in uno studio che aveva creato qualche mal di pancia tra le Fondazioni.
La Repubblica