Siena: per i magistrati non ci sono punti da chiarire dopo l’istanza della moglie alla procura generale che aveva rinviato gli atti a Siena. Domenica la puntata di Report sul caso
Per la Procura di Siena il caso del suicidio di David Rossi è chiuso. Non ci saranno nuove indagini su quella morte avvenuta la sera del 6 marzo 2013 quando l’ex capo comunicazione di Mps, sale discount nel pieno della vicenda giudiziaria che ha travolto l’istituto bancario, si lanciò dalla finestra del suo ufficio di Rocca Salimbeni. «Tutto quello che dovevamo fare l’abbiamo fatto, c’è un decreto di archiviazione di un giudice che ha vagliato attentamente tutta la ricostruzione fatta dai pm, lì c’è tutto quello da dire su quella storia, niente di più, niente di meno».
L’istanza della moglie
La Procura di Siena chiude così la porta alla richiesta della vedova Antonella Tognazzi, che aveva puntato il dito contro le indagini. Il legale della donna, Luca Goracci, dopo l’archiviazione, nei mesi scorsi ha presentato istanza alla Procura Generale chiedendo la riapertura delle indagini. Ma il fascicolo, trasmesso alla Procura di Siena per competenza, non verrà riaperto.
La parola fine
È stato il gip Monica Gaggelli, nel marzo scorso, a scrivere la parola fine su questa storia. E lo ha fatto con un provvedimento di 23 pagine in cui non lascia spazio alle ombre: «Nessun punto oscuro e nessun dubbio, le indagini sono state scrupolosamente eseguite, non ci fu alcuna istigazione, né si può ipotizzare l’omicidio». Il suicidio, scrivono i pm Nicola Marini e Aldo Natalini nella richiesta di archiviazione al gip, è maturato nella mente di Rossi nel contesto della tempesta, mediatica oltre che giudiziaria. Dopo la perquisizione subita, senza essere indagato, nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta che vedeva come principale indagato l’amico Giuseppe Mussari, Rossi temeva di essere «male inquadrato dagli inquirenti», come ha scritto nella mail inviata all’Ad Fabrizio Viola due giorni prima della morte.
«L’ossessione»
Da quel momento in poi, scrivono i pm mettendo insieme i racconti dei testimoni delle ultime settimane di vita di Rossi, in lui è nata una sorta di ossessione, tanto evidente da non sfuggire a tutti quelli che gli stavano intorno. Da un lato aveva paura di non essere in grado di gestire il ruolo che gli avevano confermato, e temeva di essere licenziato. Dall’altro era preoccupato che la sua amicizia con l’ex presidente Mussari potesse portare a un suo coinvolgimento nell’indagine. Negli ultimi giorni, hanno raccontato i familiari, viveva nel terrore di essere intercettato e arrestato, al punto da arrivare a comunicare in casa con i bigliettini. Ossessione che l’aveva portato a compiere atti di autolesionismo nei giorni precedenti alla morte (l’aveva confessato lui stesso alla moglie che aveva notato delle ferite sulle braccia) e anche il giorno fatidico: nel cestino della sua stanza vennero trovati cerotti e fazzoletti sporchi di sangue. La stanza di Rossi, subito sequestrata e sigillata, come dimostrano i filmati, scrive il gip, era in ordine e senza traccia di aggressione.
«Rumors di stampa»
Quanto all’esistenza di una lunga telefonata che Rossi avrebbe fatto con qualcuno non identificato prima di gettarsi dalla finestra, scrive il gip, si tratta di rumors di stampa: «I tabulati del cellulare e del telefono fisso dell’ufficio dimostrano che Rossi si chiuse nel più assoluto isolamento poco dopo lo scoccare delle 18, ora in cui telefonò alla moglie per confermare il ritorno a casa alle 19.30». Dopo di allora non solo non ci fu alcuna chiamata, né fatta, né ricevuta, ma neppure sms. Quelli che gli sono arrivati, soprattutto dalla moglie, non sono stati mai letti, «denotando la volontà — scrive il gip — definitivamente e tragicamente maturata nel suo intimo, senza sollecitazioni di terzi, di prendere commiato dal mondo»
di Antonella Mollica La Repubblica