Sulla carta, look for sale nulla era fuori posto alla Skavedil. L’azienda che si è aggiudicata due subappalti dal valore complessivo di 450 mila euro per la costruzione della Teem, la tangenziale esterna di Milano, grande opera che dovrebbe incrementare il traffico diretto a Milano in vista dell’Expo del 2015, ha esibito in Prefettura persino il certificato antimafia. Tuttavia non si spiega come possa averlo ottenuto una società di cui il 75% delle quote sono in mano a un pregiudicato.Si tratta di Giuseppe Galati, classe 1971, da Castellana Sicula (PA) e residente a Cabiate, nel comasco. In carcere per spaccio di droga e con un curriculum criminale di tutto rispetto. È accusato di essere membro di un gruppo mafioso che opera nel comasco. Galati compare nell’elenco dei 13 arrestati dell’operazione “Quadrifoglio”, condotta dai Ros e coordinata dai pm della procura di Milano Paolo Storari e Francesca Cellesi. Un’operazione che racconta l’ennesima storia di sinergie tra clan calabresi e locali (gruppi mafiosi, ndr) lombarde, di appalti facili , di estorsioni, di minacce alla concorrenza, di riciclaggio di denaro sporco e di detenzione illegale di armi. E racconta di un sistema di controlli inadeguato a tenere lontano le aziende in odor di mafia. Un’altra pagina del solito romanzo criminale della ‘ndrangheta in Lombardia. Nessuno poteva ignorare a chi appartenesse la Skavedil. È bastata una semplice visura camerale, la più banale tra gli strumenti per il controllo delle proprietà, per leggere il nome di Giuseppe Galati quale socio maggioritario. Il restante 25% appartiena a C.M., il cui nome non compare nell’elenco degli arrestati. “Si è controllato solo chi erano gli attuali titolari, incensurati, ma bastava fare uno ‘storico’ per vedere chi c’era prima, e cioè una persona con reati gravissimi”, dichiara in conferenza stampa il procuratore aggiunto alla Direzione distrettuale antimafia di Milano Ilda Bocassini. Questo compito spettava alla Prefettura. Eppure Tangenziale Esterna, la società che realizza la Teem, il 31 luglio 2012 ha firmato con le Prefettura di Monza, Milano e Lodi e con Concessioni Autostradali Lombarde Spa un protocollo di legalità in cui si legge che i controlli antimafia vanno applicati “sui contratti pubblici e sui successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture”. Il subappalto è stato concesso alla Skavedil da un’azienda di Modena che secondo i magistrati non poteva non sapere chi avesse di fronte. Nonostante questo, i pm spiegano che il gip non ha ritenuto che ci fossero gli estremi per emettere l’ordine di sequestro dell’azienda. Antonio Galati, padre di Giuseppe e suo uomo di fiducia da quando il figlio è in carcere, è l’emissario in Lombardia dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), clan che smercia cocaina in mezzo mondo. La famiglia Galati conta su un “capitale sociale” importante, una rete di relazioni attraverso le quali tiene in scacco il territorio. Tra questi vi è un ex consigliere comunale del Pd di Rho, il Comune che ospita i padiglioni di Expo. Il suo nome è Luigi Addisi, 55 anni, da San Calogero, provincia di Vibo Valentia, sposato con una Mancuso e anche lui messo agli arresti dai Ros. Gli agganci politici sono fondamentali, ma da soli possono non bastare. Secondo l’indagine dei pm milanesi, i Galati hanno a disposizione un agente di polizia penitenziaria, un agente immobiliare, esponenti del mondo bancario, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate e diversi titolari di attività commerciali. Ed ecco che la zona grigia è al gran completo. Inoltre, i Galati possono contare su una strettissima relazione con la locale del Comune di Mariano Comense, al cui vertice c’è Salvatore Muscatello, 80 anni, vecchia conoscenza della ‘ndrangheta lombarda. C’è anche lui nella lista dei 13 in manette. Il boss di Mariano Comense si trova già ai domiciliari per scontare la pena che gli è stata comminata dopo Crimine-Infinito, la maxi operazione che ha portato agli arresti 170 persone a luglio 2010. Da Muscatello a chiedere consiglio ci vanno tutti. Il superboss si cura di raccogliere i soldi per le famiglie dei Valle e dei De Stefano, finiti in manette dopo altre operazioni della procura di Milano. Gestisce le estorsioni e mantiene vivi i rapporti con le altre locali lombarde.E alla sua corte si prostrano anche i politici locali. Le carte dell’operazione “Quadrifoglio” raccontano che a fargli visita, lo scorso gennaio, sì è recato Emilio Pizzinga (non indagato), membro della commissione urbanistica di Mariano Comense. Il figlio è dietro le sbarre dal 2006 coinvolto nell’inchiesta sull’Ortomercato di Milano. “Vedete se mi trovate preferenza!”, esclama al boss il politico a caccia di voti per le imminenti elezioni di maggio. Altrimenti, che zona grigia sarebbe?
di Lorenzo Bagnoli e Lorenzo Bodrero
Wired