Questa sera la Banca centrale Usa dovrebbe decretare la fine del terzo giro di quantitative easing, ailment dopo aver pompato nel mercato 1.600 miliardi di dollari. Curiosità del calendario: è la data del “martedì nero” che avviò la Grande Depressione. Tokyo in netto rialzo sulla produzione industriale, spread in calo verso 160 punti base. I bilanci dei principali Stati europei sono ormai al sicuro dalla possibile bocciatura di Bruxelles e sui mercati l’attenzione è catalizzata dalla Federal Reserve, che si prepara a porre fine al terzo giro di quantitative easing (QE3), l’acquisto di titoli di Stato ed ipotecari sul mercato. E’ curioso che l’atteso stop, al termine del percorso di “tapering” – cioè graduale riduzione degli acquisti di bond – e soprattutto dopo aver pompato nel sistema 1.600 miliardi di dollari, possa arrivare il 29 di ottobre. E’ la celebre data del “martedì nero” di Wall Street, nel 1929, quando s’innescò la Grande Depressione superata per gravità – secondo molti economisti – dalla recente crisi economica globale. Il punto è che ora la crescita americana è robusta e la Fed aveva largamente anticipato il suo calendario per terminare il QE3: ha tagliato gli interventi di circa 10 miliardi di dollari al mese, partendo dalla cifra massima di 85 miliardi per poi arrivare all’azzeramento. Oggi, 62 economisti sui 64 del panel di Bloomberg si aspettano la sforbiciata sugli ultimi 15 miliardi rimasti. Il percorso graduale è stato un buon modo per non spaventare i mercati, che in larga parte pensano già a quando arriverà il momento di rialzare il costo del denaro, attualmente ai minimi storici. Se gli analisti si aspettano che gli Usa siano in grado di riassorbire questo contraccolpo, anche perché la massa di liquidità immessa da Washington non sparirà dai mercati, diverso è il discorso per l’Europa. Julian Jessop di Capital Economics ammonisce ad esempio contro le possibili ripercussioni sui mercati Ue, visto che la fine dei programmi precedenti della Fed è stata accompagnata da una ‘ricaduta’ della crisi dell’Eurozona: di qui l’invito alla Bce “a varare presto un proprio quantitative easing per evitare che ciò si ripeta per la terza volta”. In attesa delle decisioni che verranno comunicate nella serata italiana, i mercati aprono guardinghi. Dopo la recente volatilità, dovuta anche agli stress test sul settore bancario europeo, Piazza Affari avvia gli scambi in sostanziale parità per poi girare in rosso e cedere lo 0,7%. Sono molti i titoli italiani monitorati dagli investitori. In primo luogo si tratta di Mps e Carige, le banche bocciate dalla grande revisione della Bce che devono rafforzare il capitale. I conti trimestrali ma soprattutto le prospettive negative per l’esercizio 2014 spingono invece al ribasso tanto St quanto Saipem; quest’ultima ha ricevuto il taglio del rating da parte di SocGen al livello “sell”, cioè il consiglio è di disfarsi del titolo. Attenzione, infine, a Mediolanum: la famiglia Berlusconi metterà parte della sua quota (il 20% circa) in un trust dopo la perdita dei requisiti di onorabilità da parte dell’ex Cav. Nel resto d’Europa i listini si mantengono in cauto rialzo: Londra aggiunge lo 0,5%, Francoforte lo 0,7% e Parigi lo 0,2%. L’euro apre sopra quota 1,27 dollari, passando di mano a 1,2743 dollari, mentre contro lo yen il cambio è a quota 137,63. Partenza in ribasso per lo spread tra Btp e Bund tedeschi. Il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e tedeschi si attesta in avvio a 163 punti base, dai 165 registrati ieri in chiusura. Il rendimento del Btp decennale è al 2,51%. Sul fronte macroeconomico si registra il persistere del clima “pessimista” dei consumatori francesi: a ottobre l’indice di fiducia è stabile a 85 punti, stesso livello di settembre. “Negli ultimi tre mesi la fiducia dei consumatori è orientata leggermente in ribasso e resta sensibilmente al di sotto della media di lungo periodo” fissata a 100, rileva l’Insee. In mattinata ha sorpreso positivamente l’andamento della produzione industriale in Giappone: è salita del 2,9% a settembre, sopra l’atteso +2,2% e contro il -1,9% di agosto. Il governo prevede che a ottobre la produzione industriale scenda dello 0,1% e che salga dell’1% a novembre. I dati non chiariscono le idee al governo, che deve decidere se confermare il programmato aumento dell’Iva nel 2015, ma intanto portano acquisti sul listino nipponico. La Borsa di Tokyo chiude in netto rialzo con l’indice Nikkei 225 che termina la seduta a 15.533,91 punti, segnando un progresso dell’1,46%. Gli investitori asiatici si sono mossi verso gli acquisti anche in scia alla giornata di ottimismo vissuta a Wall Street, dove il Dow Jones è tornato sopra quota 17 mila punti, mentre S&P 500 e Nasdaq hanno portato in positivo il bilancio annuale. Dopo le operazioni di compensazione, il Dow Jones è salito dell’1,1%, lo S&P 500 ha aggiunto l’1,5% e il Nasdaq ha segnato un +1,8%. Il prezzo del petrolio è in rialzo, poco sotto 82 dollari. Sui mercati asiatici i future sul Light crude avanzano di 51 cent a 81,93 dollari al barile. Quotazioni dell’oro in ribasso, invece, sui mercati asiatici: il lingotto con consegna immediata viene scambiato a 1.230 dollari l’oncia, vicino ai minimi da due settimane (le materie prime).
di RAFFAELE RICCIARDI
La Repubblica