Via libera di Bruxelles alla legge di Stabilità italiana, ask dopo l’impegno del governo a correggere il deficit strutturale dello 0, sovaldi 3% rispetto ai piani iniziali. . Il Consiglio dei ministri prende atto dei nuovi conti e modifica il Def. Padoan: “Anche l’Europa è sulla strada della crescita”, per il nostro Paese “misure coerenti con le riforme strutturali”.Via libera alla legge di Stabilità italiana da parte di Bruxelles, mentre il Consiglio dei ministri ha approvato le correzioni agli obiettivi di finanza pubblica. La Commissione europea al momento non giudica alcuno Stato dell’Eurozona in “significativa violazione” delle norme Ue di bilancio. Lo scrive il commissario Ue agli affari economici, Jirky Katainen, in una nota stampa in cui dà di fatto un primo via libera alle manovre di Italia, Francia, Austria, Slovenia e Malta, cioè i cinque Stati considerati a rischio di “seria violazione” delle regole e ai quali la Commissione ha inviato la settimana scorsa lettere di avvertimento. Gli altri Stati dell’Eurozona soggetti a tale esercizio di controllo non avevano suscitato la preoccupazione di Bruxelles. Il commento del governo italiano è affidato al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Il riconoscimento della sostanziale coerenza del nostro budget con il quadro regolatorio dell’Unione europea vuol dire che anche l’Europa è sulla strada della crescita e della creazione di nuova occupazione”. Già prima delle note ufficiali, il portavoce del falco finlandese Katainen aveva ribadito che l’atteggiamento dei governi di Roma e Parigi è “costruttivo”. D’altra parte, l’accordo politico tra la Ue, Palazzo Chigi e l’Eliseo, era stato raggiunto la settimana scorsa durante il vertice europeo. Sia il governo italiano che quello francese hanno sottoposto correzioni al progetto di bilancio 2015, di misura inferiore a quanto richiesto dalla Commissione, per evitare la richiesta formale di correzione degli interventi finanziari ed economici, ma superiore a quanto inizialmente previsto nei due documenti di bilancio.Per l’Italia si tratta di uno sforzo aggiuntivo per far calare il deficit strutturale dello 0,3% del Prodotto interno lordo (Pil). In soldoni, per i conti di Roma si tratta di mettere altri 4,5 miliardi per avvicinare il pareggio strutturale, seppure la correzione sarà comunque inferiore allo 0,5% del Pil previsto dai patti europei. Per trovare questa “toppa”, il governo dovrebbe attingere 3,3 miliardi dal fondo che era nato per abbattere la pressione fiscale. Non si tratta di risorse sottratte agli interventi annunciati, dall’Irpef all’Irap, ma di una riserva che sarebbe potuta scattare in futuro, salvo appunto la necessità di attingervi per rispettare gli obiettivi di bilancio. Altri denari verranno dal minor cofinanziamento dei fondi Ue (500 milioni), dall’ampliamento dei meccanismi di lotta all’evasione dell’Iva (il “reverse charge” dovrebbe portare 730 milioni) e dall’accelerazione delle privatizzazioni. L’accordo con Bruxelles comporta invece per la Francia un impegno maggiore da 3,6 miliardi. Il Consiglio dei ministri di oggi ha dato ha dato il via libera all’aggiornamento degli obiettivi di finanza pubblica (il Def) stilati a settembre, riportati nel Documento Programmatico di Bilancio per il 2015 (Draft Budgetary Plan – DBP) inviato alle istituzioni europee. “Le misure programmate sono pienamente coerenti con le rifome strutturali” promosse dal governo, ha assicurato il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato, sulla legge di stabilità dopo l’approvazione del Cdm. Lo sforzo fatto sul deficit “permette di mantenere un equilibrio non facile, su cui il governo continua a lavorare, tra continuazione del risanamento delle finanze pubbliche e stimolo alla crescita”. L’aggiornamento, ricorda il ministro, si è reso necessario “a fronte delle osservazioni della commissione europea”. A seguito dei colloqui con le istituzioni europee “il governo intende adottare le misure aggiuntive, per rafforzare lo sforzo fiscale già delineato nel documento di bilancio”. In particolare: 3,3 miliardi arriveranno dal fondo per la riduzione della pressione fiscale; 500 mln dalla riduzione delle risorse per il cofinanziamento dei fondi strutturali Ue; 730 mln dall’estensione dell’inversione contabile Iva al settore della grande distribuzione. Quest’ultima misura, spiega Padoan, “è subordinata al rilascio della deroga da parte dell’Ue ed è prevista una clausola di salvaguardia”, che prevede a garanzia della copertura l’aumento delle accise. “Il miglioramento complessivo del deficit”, rispetto al tetto del 3%, “è pari a circa 4,5 mld”. Misure che secondo il ministro rappresentanto “il male minore” anche se – avverte Padoan – “Si sottraggono risorse, ci sarà un effetto espansivo minore rispetto all’iniziale stesura. Ma l’impatto (della manovra) dipende dalla composizione delle misure più che dalla loro dimensione”. “L’Italia sta facendo sforzi molto elevati per evitare di rientrare in una procedura per deficit eccessivo. Procedura che non è ancora scongiurata”. La modifica, a seguito delle osservazioni formulate dalla Commissione europea nella valutazione dei Documenti Programmatici di Bilancio per il 2015, recepisce gli effetti delle misure aggiuntive che il governo italiano ha indicato nella lettera inviata il 27 ottobre scorso da Padoan al vice presidente della Commissione Ue Katainen, per rafforzare lo sforzo fiscale per il prossimo anno. “Il miglioramento complessivo del deficit atteso per il 2015 è pari a circa 4,5 miliardi di euro che porta l’indebitamento netto nominale al 2,6% del Pil. L’indebitamento netto strutturale registrerà un miglioramento di poco superiore allo 0,3%, sostanzialmente in linea con quanto richiesto dalle istituzioni europee”, si legge nella nota a conferma delle previsioni. La struttura del disegno di legge di stabilità per il 2015 rimane immutata prevedendo, in continuità con i provvedimenti adottati nel corso del 2014, interventi per rilanciare la crescita economica supportando la domanda aggregata e la competitività del Paese. La relazione passa ora all’esame delle Camere.
La Repubblica