I rappresentati dei lavoratori sottolineano che le torri di trasmissioni sono le stesse usate per le comunicazioni del ministero dell’Interno e delle forze dell’ordine. Il presidente della Rai: “Quotazione complessa e delicata. Possiamo completarla per dicembre”
Botta e risposta a distanza tra i sindacati e il presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, sulla quotazione di Raiway: la società di viale Mazzini che gestisce le torri per la trasmissione della tv di Stato. A margine del Prix Italia, Tarantola ha ribadito che il percorso è avviato: “Per fine anno la quotazione può andare in porto. E’ un’operazione complessa e delicata che richiede una riservatezza veramente elevata”.
Per i sindacati (Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind ConfSal), però, si tratta di un’operazione illegittima e soprattutto rischiosa perché con la quotazione a Piazza Affari l’infrastruttura pubblica, utilizzata anche per le comunicazioni del ministero dell’Interno e delle forze dell’ordine, uscirebbe dall’effettico controllo dello Stato. Certo con un collocamento inferiore al 50% il Tesoro rimarrebbe l’azionista di maggioranza e la società non sarebbe contendibile, ma ogni operazione straordinaria sarebbe necessario il via libera anche dei soci di minoranza.
I rappresentanti dei lavoratori, dunque, dove la protesta organizzata contro le scelte del Governo sul prelievo forzoso di una parte del canone Rai (150 milioni) e la conseguente quanto obbligata, messa in vendita della rete trasmittente del servizio pubblico, hanno inviato a Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Commissione di Vigilanza Rai, Corte dei Conti, Consob, Borsa Italiana, Agcom (il garante delle comunicazioni) a Agcm (l’Antitrust), una lettera in cui denunciano la modalità, a loro avviso illegittima, con cui si sta procedendo alla quotazione in Borsa e alla vendita di parte di Raiway.
In qualche modo i sindacati rivendicano l’interessa nazionale dell’infrastruttura e sottolineano come il progetto sia stato realizzato in tutta fretta e che, nella sua effettuazione, presenti espliciti contrasti con le norme di legge vigenti. A ciò si aggiunge la preoccupazione per gli effetti che potrebbe produrre sulla concessione di servizio pubblico (da definirsi entro il 2016) per l’assetto industriale della più grande azienda culturale del paese e per la questione occupazionale.
La Repubblica