LA CASA DANESE È DIVENTATA NEL PRIMO SEMESTRE LA NUMERO UNO NEL MONDO PER I GIOCATTOLI: FATTURA PIÙ DEL PRODUTTORE DI BARBIE, view DI HASBRO E DI TUTTI GLI ALTRI CONCORRENTI GRAZIE A UNA METICOLOSA RICERCA DI NOVITÀ PUR MANTENENDO LE TRADIZIONI
Ma chi l’ha detto che la vecchia Europa perde sempre nella gara di competitività efficienza e successo economici e finanziari contro gli Stati Uniti o nuove superpotenze come la Cina? A volte è vero il contrario. Se non ci credete, fate un attimo attenzione a questa success story, la storia di Lego, il colosso danese dei mattoncini da costruzione in plastica dura. Lego, che è tuttora un’azienda di famiglia, e che all’inizio del nuovo secolo accumulava perdite con conti in rosso anno dopo anno, check si vedeva negati nuovi crediti dalle sue banche di fiducia e sembrava un’azienda condannata al declino, è tornata alla grande. Per l’esattezza, è diventata il numero uno mondiale nel comparto dei giocattoli. Sorpassando appunto due giganti americani, cioè Mattel, quella famosa per la bambola sexy Barbie, il suo boyfriend Ken e le loro amiche e amici, e Hasbro, che ha l’esclusiva mondiale del Monopoli, il più famoso e comprato gioco da tavolo del mondo. Kjeld Kirk Kristiansen, nipote del fondatore dell’azienda – quello Ole Kirk Kristiansen che cominciò tutto nel 1932 aprendo nel tranquillo villaggio di Billund una ditta di costruzioni-giocattolo con mattoncini ancora in legno – è oggi il più ricco cittadino del piccolo, help prospero regno di Danimarca. Il nome è rimasto uguale, ovviamente, è il marchio: Lego, molti ormai lo sanno, è un’abbreviazione delle parole danesi “leg godt”, cioè “gioca bene”. E siccome parliamo di un’azienda familiare, ricchissimi sono anche i suoi figli, Sofie, Thomas e Agnethe che possiedono il 37 per cento dell’azienda, cioè circa 5,3 miliardi di dollari. Il patrimonio personale di papà è stimato a 5,9 miliardi. Ma veniamo a cifre più essenziali: rinunciando all’errore che compiono molte aziende (nel comparto giocattoli e in altre branche dell’economia) di diversificarsi troppo, Lego ha rinnovato e continua a rinnovare i prodotti essenziali, cioè i mattoncini. Ha lanciato un primo film i cui eroi e antieroi sono figure di mattoncini. Ha aperto la prima fabbrica in Cina. E possiede ormai cinque Legoland – i parchi da divertimento per famiglie dedicati ai personaggi in mattoncini – in Europa, America e Asia. Con altre che probabilmente verranno. “Lego fa fuoco e fiamme”, dice Gerrick Johnson, analista di Bmo Capital Markets, “è assolutamente il produttore di giocattoli numero uno a livello mondiale per reddito netto e utile, ha un margine di guadagno che sfiora il 71 per cento e grandi potenzialità di crescita. Secondo le stime prudenti di Bmo capital markets, Lego vale circa 14,6 miliardi di dollari, ma calcoli ancor più ottimisti valutano il suo valore reale in 17 miliardi di dollari. Insomma, la californiana Mattel che ha una capitalizzazione di mercato di 14,4 miliardi, è sorpassata. Per non parlare di Hasbro: l’azienda del Rhode Island vale circa un terzo di Lego, appena 5,4 miliardi di dollari. Ce n’è voluta, e non era un successo scontato. Ma Kjeld Kirk Kristiansen, quando all’inizio del nuovo secolo arrivò la crisi, seppe reagire. Quando la Danske Bank prese atto dei troppi anni consecutivi di bilanci in rosso e cominciò a respingere le richieste di nuovi crediti, limitò le linee di prodotto, lasciò perdere ogni investimento di diversificazione in altri tipi di giocattoli. E modernizzò il vertice dell’azienda di famiglia nominando un boarddi manager, guidato dal Ceo Joergen Vig Knudstorp. “Non è questione di strategia, sto lanciando un piano d’azione per consolidare il debito, tornare alla liquidità, rimettere in sesto l’azienda”, disse Knudstorp. Lui e Kristiansen vanno d’accordo su tutto. Il manager opera sovrano, l’azienda resta per il 75 per cento proprietà della famiglia tramite la Kirkbi, una società d’investimento basata a Billund. Il restante 25 per cento è in mano alla Lego Foundation, un’associazione caritativa per gli aiuti all’infanzia creata dalla famiglia stessa nel 1986. E intanto la piccola Billund, senza nulla perdere delle tradizioni e del suo centro storico, né delle campagne circostanti con le pittoresche case contadine con lo spesso tetto in paglia, è diventata una città modernissima, location d’investimenti. Accanto all’azienda (e alla più grande e antica tra le cinque Legoland, visitata da tutta Europa con famiglie che vi arrivano anche in volo). L’aeroporto è diventato il secondo del regno dopo l’enorme Copenhagen- Kastrup, quello che insieme a Stoccolma-Arlanda è uno dei due hub della compagnia scandinava Sas. La Sas stessa, i suoi consociati di Star alliance (capofila Lufthansa) e i low cost fanno a gara per rotte e orari di decollo e atterraggio. Ma qual è il segreto del successo? Probabilmente la scelta. “Barbie si è ingelosita”, titolavano molti notiziari anglosassoni pochi giorni fa. Probabilmente, la bambola dalle misure d’attrice hollywoodiana d’un tempo, il suo aitante Ken, e il loro mondo da fiabe tra cavalli chiomati, case di sogno e auto-camper rosa, sono troppo simbolo del vecchio sogno americano del dopoguerra. Fanno giocare non solo più le bambine che non i ragazzi, bensì fanno giocare in un mondo troppo irreale. Lego punta alla fantasia di tutti: bimbe e bimbi, adolescenti, adulti. Ha anche una linea di produzione di mattoncini per vecchi clienti, ormai 40enni o pensionati. E insegue i nuovi miti e idoli dell’infanzia e dell’adolescenza dei nostri giorni. Aveva cominciato anni fa con la popolarissima serie di kit dedicati a Guerre stellari, con Anakin, Luke, Han Solo e gli altri, le loro astronavi e mezzi fantastici, e i cattivi. Poi sono venute le serie di confezioni dedicate al maghetto Harry Potter e ai suoi amici, e ancora dopo quelle che ti portano a costruire in piccolo il mondo del Signore degli anelli, la saga di Tolkien divenuta serie di film di successo girata in Nuova Zelanda. Infine il film-Lego, con l’eroe Emmet che con i suoi cannoni laser lotta contro malvagi tiranni di fantascienza. Negli States, è uno dei quattro cartoni animati che ha realizzato i maggiori incassi in assoluto da quando il cinema esiste. “Stiamo crescendo in modo bilanciato in tutto il mondo”, afferma John Goodwin, responsabile finanziario di Lego, “abbiamo una crescita a due cifre sia in America, sia in Europa, sia in Asia”. Come numero uno del settore, Lego controlla il 65 per cento dei giocattoli di costruzioni a livello mondiale. Fantasia, ma anche gestione con i piedi per terra, sembrano le ricette del signor Kristiansen, che egli domani passerà in eredità ai figli. “Mio nonno e mio padre m’insegnarono come prima cosa il precetto di non essere mai stravagante”, usa dire. E infatti la più ricca famiglia di Danimarca vive nello stile più semplice possibile. Siamo nella moderna Scandinavia, non nella Russia aggressiva degli oligarchi ad appena due ore di volo da Billund. A fianco, Barbie, il prodotto di punta della Mattel, che ha perso la leadership nei giochi a favore della Lego La Lego si è negli ultimi anni allargata dagli originari mattoncini, peraltro sempre venduti con gran successo in ogni Paese, a tutto un mondo di villaggi in miniatura e personaggi tratti dal cinema e dalla letteratura per ragazzi, che rientrano nella “famiglia” Lego Movie.
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