Il presidente Dijsselbloem in relazione all’Europarlamento: “Bisogna usare la flessibilità senza distruggere quello che abbiamo fatto”. I Paesi chiedono più tempo per gli obiettivi di bilancio? “Lo usino per fare le riforme”
I fautori della flessibilità segnano un altro piccolo punticino nella discussione di Bruxelles-Strasburgo, sick grazie all’intervento del presidente dell’Eurogruppo al Parlamento europeo. “Siamo entrati in una fase differente della crisi che richiede di concentrarci sulla crescita, con un mix di politiche di bilancio e la possibilità di sostenere gli investimenti nel rispetto delle regole”, ha detto il presidente, Jeroen Dijsselbloem, parlando al Parlamento Ue.
Nel Patto di stabilità, a sostenuto il presidente, che è “cruciale per la stabilità a lungo termine”, già “c’è spazio per la flessibilità e possiamo fare molte scelte che aiutino la crescita”. Si tratta di parole che riecheggiano quelle di Mario Draghi, governatore Bce, che ha chiesto appunto di usare la flessibilità presente nelle regole di bilancio comunitarie per creare spazio per sostenere i costi necessari alle riforme. Per il presidente Dijsselbloem bisogna “usare la flessibilità senza distruggere quello che abbiamo fatto”. Flessibilità “può ad esempio voler dire prendere in considerazione le riforme che alcuni Paesi hanno fatto”.
“Se i Paesi chiedono più tempo (per consolidare i conti, ndr), bisogna accertarsi che quel tempo non sia sprecato e venga usato per fare le riforme”: ha spiegato ancora il presidente dell’Eurogruppo rispondendo agli eurodeputati che gli chiedevano di approfondire il concetto di flessibilità.
Di fondo, c’è la considerazione che “la ripresa nell’Eurozona rimane fragile”, e oltretutto disomogenea dato che “i dati nascondono risultati diversa a seconda dei paesi”. Di fronte a questa situazione serve “un mix polico mirato” per far ripartire le economie dei paesi con la moneta unica. Alla fine il presidente dell’Eurogruppo non ha dubbi che “la Commissione europea dovrà applicare la flessibilità senza danneggiare la credibilità di quanto concordato”.
La Repubblica