Dal calo dello spread una mano ai conti. “Ma è figlio di stagnazione economica”

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Un risparmio sulle nuove emissioni che porta un bel tesoretto al governo, treatment ma che a ben vedere non rappresenta un buon segnale per lo stato di salute dell’economia. Così Paolo Balice, presidente di Aiaf – Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti finanziari, commenta il recente andamento delle emissioni di titoli di Stato, che in settimana hanno battuto i record storici di rendimenti su tutta la linea. Parallelamente, anche se nella giornata odierna si assiste a una inversione di marcia, si sono rafforzati i bond della periferia dell’Eurozona, con lo spread che si è ridotto fino in area 145 punti base.
“L’ulteriore calo dello spread consente un risparmio soprattutto sulle nuove emissioni a medio lungo termine ma non modifica la spesa per interessi sulle emissioni esistenti”, spiega Balice. “Considerando, comunque, la scadenza media del debito (circa 6,5 anni) per ogni punto di calo dei tassi il risparmio è di circa 20 miliardi di euro, spalmato però sulla durata media del debito”. Prendendo ad esempio il decennale italiano, alla fine del 2013 il suo rendimento sul mercato secondario era più alto rispetto ad oggi di circa 1,5 punti. Ecco dunque quel risparmio che – compreso in una forbice tra i 2 e i 4 miliardi – in molti si aspettano di trovare nel Def di ottobre.
Ma non è tutto oro quel che luccica. “Il calo sembra al momento più legato alla situazione internazionale sui tassi che a particolari meriti dell’Italia. La fame di cedole nel mondo (pensiamo al classico esempio dei fondi pensione tedeschi che devono garantire una rendita ai propri sottoscrittori) rende interessante il 2,4% lordo offerto dai nostri titoli decennali”, aggiunge ancora l’esperto. “In merito alla situazione italiana all’attivismo del governo su alcuni fronti fa riscontro come è noto una persistente stagnazione economica. Il fatto che i rendimenti dei Btp siano più bassi dei gilt inglesi è quindi coerente con la minore vivacità della economia in area euro, con lo spettro della deflazione e con il conseguente atteggiamento ultra espansivo della Bce”. Nessun mistero, dunque, se i rendimenti dei titoli italiani arrivano sotto quelli del Regno Unito o degli Stati Uniti: lì l’inflazione e l’economia stanno ripartendo sensibilmente, da noi no. I loro rendimenti si giustificano con l’andamento dei fondamentali, i nostri con il rischio Paese, è la sostanza.
“Si tratta peraltro di un trend che, a livello di conti pubblici, dovrebbe contribuire ad evitare manovre correttive aiutando a centrare il 3% sul rapporti deficit/pil nel 2014 nonché a migliorare ulteriormente (sia pur indirettamente) le condizioni di offerta del credito da parte del sistema bancario. E’ importante sottolineare questi elementi positivi: chi deve decidere investimenti e consumi nel nostro Paese deve tornare ad avere fiducia ed il calo della spesa per interessi è um piccolo ma importante tassello”, chiosa Balice.

La Repubblica