CIAK: CESARE LANZA
Prossimamente sarà sul set del suo nuovo film “L’allacciatore di scarpe”, ma Cesare Lanza ha in serbo anche altri progetti
by Carla Viazzi
Vi ricordate il gioco del “Se fosse” in cui per indovinare il personaggio misterioso si chiedeva di paragonarlo ad una città, ad un alimento, ad un colore e quant’altro? Bene, Cesare Lanza se fosse un animale sarebbe un gatto: apparentemente placido e distratto, morbido, sorriso sornione, occhio sempre vigile e pronto a dare la zampata
quando uno meno se lo aspetta. E come un gatto ha sette vite. Reduce da un “infartuccio” – come suole definirlo lui – ultimamente sembra prepararsi a fare i conti con la morte, ma noi siamo sicuri che saprà ancora trovare nuovi stimoli e sfide da portare a termine. Anche perché secondo i miei calcoli siamo fermi a quota quattro: straordinario giornalista, editore, brillante autore televisivo e da pochi anni anche regista cinematografico e teatrale, per cui restano tre vite (professionali s’intende!) da vivere. Calabrese, e in quanto tale uno dei pochi uomini di parola che ci sia in questo ambiente, ma genovese d’adozione, rispecchia i personaggi liguri per la sua ironia sottile a differenza della sua mole che è decisamente ingombrante , Cesare Lanza ha sempre vissuto in maniera “famelica” la sua vita e con noi ne ha fatto un breve resoconto, per dirla in termini cinematografici, ecco la sequenza … tutta in un ciak!! Dopo tanti anni di attività come giornalista e autore televisivo che cosa l’ha spinta a confrontarsi con il mondo del cinema? La passione per il cinema, nata al liceo alla fine degli anni cinquanta: cinquanta: pane e Fellini, Antonioni e Nouvelle Vague. Nottate intere a discutere di film,
registi, sceneggiature…più che di attori e attrici. Il destino mi ha spinto verso il giornalismo, che comunque era la vocazione vera, visto che a dieci anni già disegnavo titoli, impaginazioni… Il giornalismo è nel mio dna e in televisione e anche nel cinema questa radice si sente.
E’ soddisfatto dei risultati ottenuti con il suo primo film “La perfezionista”?
Sì. E’ stata una esperienza bellissima. Alla produzione, cioè agli investimenti, abbiamo provveduto io e un amico, Lucio Presta. Nelle sale è stato un disastro, perchè il film è molto aspro e duro, pessimista, e anche perchè non avevamo stretto accordi preventivi con la distribuzione. Però l’investimento è stato recuperato con la cessione dei diritti alla televisione. E sul piano personale ho avuto la soddisfazione di essere invitato a rassegne, festival, cineclub e di raccogliere qualche premio.
Si sente a suo agio nei panni di regista?
Sì. Sul set il regista è dominus. I primi due giorni, o forse le prime due ore, per inesperienza tecnica ero un po’ in imbarazzo. Poi ho capito che tutti si aspettavano un cenno di comando ed è venuta fuori la mia spudoratezza, una certa vocazione a dirigere, senza tante consulenze. A fianco mi ero messo un amico regista, il giovane e bravissimo Paolo Costella, e con lui avevo divertentissime discussioni perchè non accettavo pareri (sbagliando). Una volta, Paolino è sbottato e mi ha detto: “Vabbè, fa’ come vuoi. Se decine di anni di storia del cinema non servono a
nulla..” Ci siamo divertiti pazzamente.
E’ più stimolante dirigere degli attori o dei personaggi del video?
Gli attori che amano il teatro. Sono quelli più disponibili a darsi, a studiare, ad accettare indirizzi, a migliorare, a provare… Gli altri, per lo più, sono convinti (a ragione raramente, quasi sempre a torto) di essere protagonisti di successo, indipendentemente dalla qualità del loro contributo: solo perchè hanno – meritatamente o no – un “nome”. Però, gli attori di teatro hanno un difetto: di essere, per lo più, “impostati”, con tecniche non valide per un film.
Quali temi affronta nel suo prossimo film?
E’ un film brillante, con sfumature di amarezza, secondo la tradizione della commedia all’italiana. Ci sono situazioni metaforiche, incentrate sul potere, la ricchezza, la mancanza di rispetto della persona da parte di chi comanda. Il titolo dice molto: “L’allacciatore di scarpe”. Non vorrei dire di più.
Si affida anche questa volta ad attori prevalentemente teatrali o avremo qualche personaggio già famoso nel cast? Ci può dare qualche anticipazione?
Con “La perfezionista”, per ragioni finanziarie, l’unico personaggio famoso era Sandra Milo, che mi ha regalato un cammeo. Questa volta c’è una produzione e ci sarà una distribuzione che vorrebbero investire col fine, ragionevole, di recuperare e guadagnare. Quindi ci saranno almeno un paio di nomi importanti.
Dove nascono e si alimentano le sue idee?
Io mi considero al limite della schizofrenia. Vivo due vite parallele. Una è quella reale. L’altra mi porta a immaginare ciò che potrebbe essere e non è: fantasie continue. Dialoghi, battute, situazioni, sviluppi, storie che partono dalla realtà ed entrano nell’invenzione, senza limiti. Anche in questo momento, alle mie risposte se ne sovrappongono altre, provocatorie, che porterebbero a un’intervista del tutto diversa. Questa vita parallela mi fa
vivere e inventare una sovrapposta realtà, con storie che assomigliano molto a ciò che mi piace di più, nel cinema: Buñuel, Almodóvar, Woody Allen e i nostri grandi registi della commedia dolce e amara, Monicelli, Brusati, Dino Risi…
Dopo il trionfale Festival di Sanremo non la si è più vista tra le firme di programm televisivi è una crisi passeggera o medita un divorzio dalla tv?
Non so se sia giusto parlare di crisi. In televisione vorrei fare solo programmi che mi piacciono. Il Festival mi piace, mi considero un portafortuna. Ne ho fatti tre, due con Paolo Bonolis e uno con Antonella Clerici. Risultati straordinari per tutti e tre: non certo per merito mio, ma un piccolo contributo l’ho dato.
E’ un po’ deluso?
L’ambiente televisivo è, senza odiose generalizzazioni, per lo più volgare e superficiale. Dimentica successi e insuccessi. I condizionamenti politici sono soffocanti.
Oltre al cinema, ultimamente, ha riscosso consensi anche in campo teatrale e con la sua Accademia di formazione, pensa che per lei sia cominciata una nuova stagione?
Mi piacerebbe. Adoro l’avanaspettacolo, mi piacerebbe proporre musical moderni. Non è semplice.
C’è ancora qualche progetto da tirare fuori dal cilindro che vuole realizzare?
Sto scrivendo un libro, un pamphlet: Lettera di scuse ai ragazzi nati nel Duemila. Perchè? Perchè gli lasciamo un mondo peggiore di quello che avevamo trovato noi: sulle spalle si trovano un carico di debiti da far paura e una società iniqua, piena di problemi che pesano soprattutto su chi non è forte: i giovani, i poveri, gli anziani, i malati…
Si sente soddisfatto della sua vita e appagato?
Assolutamente no. Però mi sono molto divertito: con le donne, con un certo spirito di avventura, con il gioco…
Si dia un voto. Promosso?
Come appartenente al la categoria umana, misteriosamente apparsa su questa terra, sì. Assolto come tutti. Come individuo, no. Come tutti. Però tutti abbiamo un’attenuante: la lotta è quasi sempre impari. Perchè la quotidianità è piena di insidie, tentazioni, trappole, perversioni, casualità nefaste inventate da chissà chi (mi rifiuto di pensare che ci possa essere un Divino Creatore capace di aver presupposto scempi come guerre, epidemie, ingiustizie terrificanti): non è facile tenere la rotta giusta. La mia regola di vita è semplice: esigere che la mia libertà di fare ciò che voglio sia rispettata; e rispettare l’identica libertà degli altri. È facile dirlo, ma non è facile farlo. I confini sono ambigui, incerti.