Tisa: così gli Usa premono sull’Europa per liberalizzare il mercato dei dati

privacy(di VITTORIO  LONGHI, sale Repubblica) Lo rivela un leak dai negoziati internazionali in corso tra 23 Paesi per un accordo sul commercio dei servizi. Il documento rivela le richieste americane per abbattere le regolamentazioni nazionali in materia di circolazione, conservazione, scambio dei dati personali, e-commerce, net-neutrality. Il governo statunitense vuole deregolamentare il mercato dei dati, mettendo a rischio privacy e sicurezza delle informazioni, a solo vantaggio delle proprie multinazionali della tecnologia. È quanto rivela oggi un documento USA trapelato dai negoziati del TISA, Trade In Service Agreement, attraverso la rete Associated Whistle-Blowing Press 

I negoziati TISA vanno avanti in totale segretezza dal 2013, tra 23 esecutivi di cui fa parte anche l’Italia, all’interno del gruppo UE. L’obiettivo è estendere i termini delle privatizzazioni, superando quanto già previsto dal GATSdell’Organizzazione mondiale del commercio.

Dietro l’accordo ci sono gli interessi della Coalition of Services Industries (CSI), lobby statunitense che mira a scavalcare la sovranità degli stati per fare largo alla privatizzazione dei servizi. Nella CSI, infatti, ci sono grandi società dell’Information and Communication Technology, come AT&T, IBM, HP e Google.

Il documento trapelato si riferisce alla proposta del rappresentante del Commercio USA, datata 25 aprile 2014, e riguarda e-commerce, circolazione dei dati attraverso i paesi e net-neutrality.

“La proposta USA mira ad avvantaggiare la propria industria ICT che fornisce servizi a livello globale, soprattutto attraverso il commercio elettronico” spiegano Jane Kelsey, docente di legge a Auckland, e Burcu Kilic, di Public Citizen, think-tank americano. “Si vuole, in sostanza, proteggere il vantaggio competitivo americano e il monopolio dei diritti sulla proprietà intellettuale e sulla tecnologia”.

Non si conosce lo stato attuale della discussione, ma la proposta americana conferma l’indirizzo dell’accordo UE-USA del 2011 sui principi del commercio dei servizi ICT, ovvero promuovere l’accesso e la distribuzione dell’informazione, delle applicazioni e dei servizi scelti dai consumatori, senza alcuna restrizione al trasferimento dei dati tra i paesi, né imposizioni ai fornitori di utilizzare infrastrutture locali.

Inoltre si sa che a novembre la lobby DigitalEurope, di cui fanno parte Google e Intel, ha chiesto al nuovo commissario UE al commercio di usare TISA e TTIP per “abbattere regole protezionistiche, compresa la localizzazione obbligatoria dei dati”.

Se la proposta degli Usa venisse accolta, spiega Kelsey, si consoliderebbe il controllo dei dati da parte americana, a vantaggio del governo – col pretesto della sicurezza nazionale – delle grandi imprese transnazionali e degli interessi commerciali collegati.

Inoltre, l’accordo restringerebbe fortemente le regolamentazioni nazionali che limitano attività e profitti dell’industria globale di internet. Il flusso e l’utilizzo dei dati, anche sensibili, non avrebbero più vincoli, con conseguenze ovvie per la protezione dei consumatori, delle leggi sulla privacy e delle politiche sulla concorrenza.
“È inaccettabile che i cittadini debbano ricorrere alle fughe di notizie per sapere quali leggi i propri governi stanno negoziando a loro nome” commenta Rosa Pavanelli, a capo di Public Services International (PSI), in prima linea contro la segretezza del TISA, dal 2013.

Con le rivelazioni di Wikileaks dello scorso giugno (pubblicate in Italia dall’Espresso) si è scoperto che il trattato punta a deregolamentare il settore finanziario, a consentire nuove privatizzazioni dei servizi anche quando si dimostrano fallimentari.

“Oggi scopriamo che si minaccia anche la privacy dei cittadini. Che cosa altro ci nascondo i governi che partecipano al TISA?” chiede Pavanelli.

La segretezza del negoziato è confermata dalla clausola “confidential”, all’inizio di ciascun capitolo, in cui si impone di non rivelare i contenuti dell’accordo per cinque anni dalla sua entrata in vigore, che lo rende ancora meno trasparente

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