All’EIT Digital Conference 2018 si guarda allo sviluppo tecnologico europeo: inclusione, condivisione e un sistema che metta al centro l’utente è la ricetta proposta da Jonker, CEO EIT Digital
Il futuro dell’innovazione digitale europea dipende in gran parte dalla capacità dell’Europa di trovare una propria via allo sviluppo tecnologico. «Apertura, condivisione e trasparenza sono valori irrinunciabili – sottolinea Willem Jonker, CEO EIT Digital durante l’EIT Digital Conference 2018 a Bruxelles –. In Silicon Valley si punta soprattutto su soluzioni incentrate sulla tecnologia, noi dovremmo pensare a soluzioni user-centric, che mettano al centro l’utente, l’individuo. L’inclusione, la condivisione, la privacy hanno un peso importante in Europa».
A ricordarcelo il recente Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che svolge un ruolo importante, ma secondo Jonker non può essere l’unica via: «Bisognerebbe puntare maggiormente sulla creazione di un ecosistema basato sulla fiducia. I mille disclaimer che bisogna spuntare su cookies e privacy quando visitiamo un sito, per me sono un crimine. Sarebbe più utile far crescere e tutelare la fiducia verso i siti che visitiamo. In questo senso, i Governi dovrebbero svolgere un ruolo di monitoraggio e garanzia».
EUROPA DIGITALE E SINGLE MARKET
E la via europea verso l’innovazione digitale passa forzatamente dal Mercato unico digitale, sfida tanto ambiziosa quanto fondamentale, che stando alle direttive del Consiglio Europeo dovrebbe diventare realtà entro la fine di quest’anno. «Forse non tutte le proposte saranno operative entro la fine dell’anno, ma siamo a buon punto – afferma Gerard de Graaf, Director Digital Single Market, DG Connect EU –. Alcuni passi importanti sono già stati realizzati, penso al roaming internazionale, alla regolamentazione della privacy, domani il Parlamento Ue vota sulla riforma del copyright. Soprattutto ci sono le premesse per ritagliarci un nostro spazio, senza dover inseguire il modello americano. A livello di formazione non abbiamo nulla da invidiare, il talento non manca. Forse nel campo dei social media siamo troppo indietro, ma possiamo dire la nostra in in molti ambiti: dall’industrial Internet all’IoT, dalla blockchain al 5G, ai Big Data. Le condizioni ci sono, siamo moderatamente ottimisti.» E anche gli investimenti non mancano, l’Unione europea ha aumentato i fondi dedicati al digitale sul budget 2021-2027, inoltre ha aggiunto 9 miliardi di euro al programma Digital Europe.
È in questo scenario che si inserisce l’operato di EIT Digital, che vuole contribuire al futuro digitale dell’Europa, principalmente puntando su due pilastri: talento e deep tech, declinato nei settori della finanza, del digital wellbeing, delle città smart, dell’industria 4.0 e delle infrastrutture. «L’Europa ha le sue carte da giocare, soprattutto nel campo della ricerca e dell’educazione. Però dopo aver tratto e formato dei talenti, è importante creare le condizioni di lavoro interessanti che li trattengano sul territorio – sottolinea Willem Jonker, che cita ad esempio la storia di Xin Hu, già alunno dell’EIT Digital Master School –. Lui è venuto dalla Cina a studiare, poi ha lanciato la sua startup MatchX. Quando degli investitori americano gli hanno fatto un’importante offerta, lui ha rifiutato ed è entrato nell’EIT Digital Accelerator per sviluppare il suo prodotto. È l’esempio perfetto di quel che dovremmo riuscire a fare».
IL RUOLO DI EIT DIGITAL
Dalla sua nascita EIT Digital ha formato 1500 studenti, fornendogli le competenze necessarie a diventare imprenditori, ha supportato oltre 270 startup e scaleup in un percorso di crescita internazionale e creato 60 nuove aziende e lanciato più di 250 tra prodotti e servizi commerciali. Nel sostegno alle startup e alle scaleup sono stati investiti 25 milioni di euro, che hanno generato investimenti da parte dei privati per 400 milioni di euro.
Quello che è uno dei pilastri dell’operato di EIT Digital, la formazione, è stato anche uno dei temi portanti della conferenza di Bruxelles. Nel suo intervento, Themis Christophidou, Director-General for Education, Youth, Sport and Culture of the European Commission, ha garantito che gli investimenti nell’educazione sono destinati a crescere, soprattutto in ambito digitale. Si è poi cercato di individuare le linee strategiche da seguire nell’ambito del panel “Disruptive education for future digital skills”, a cui hanno preso parte Xin Hu, CEO e fondatore di MatchX; Tuomas Syrjänen, fondatore di Futurice; Kristine Østensen, a capo del Nordic Program dell’Ibm wordwide graduate program for future leader; Anders Flodström, chief education officer di EIT Digital, e Frank Baaijens, rettore della Università tecnica di Eindhoven.
I settori e le competenze su cui puntare son sempre quelli, data science e coding su tutti; tra le capacità richieste, quella di saper lavorare in team, fondamentale per affrontare sfide sempre più complesse. «Sarebbe importante che startup e università lavorassero assieme per formare gli studenti – suggerisce Xin Hu, partendo forse della propria esperienza personale –. Ne deriverebbero benefici per tutti».
Il cammino verso l’innovazione digitale europea è articolato, ma la strada sembra segnata e non mancano gli elementi di ottimismo: «Airbus è l’esempio che l’Europa può farcela, anche contro il colosso americano e quelli orientali,» conclude Willem Jonker, che in un impeto di entusiasmo cita l’Obama della prima campagna elettorale: «Yes, we can.».
La Stampa