Da compagnia con ambizioni “premium” a vettore poco più che low-cost. Swiss, nata dalle ceneri di Swissair, fallita nel 2001 con un grounding che fece epoca, è una vera e propria macchina da soldi per la casa-madre Lufthansa, se si considera che nel primo semestre 2018 ha aumentato il proprio utile operativo del 38% a 330 milioni di franchi, 280 e rotti milioni di euro.
Tuttavia i tedeschi l’hanno relegata ad un rango che ricorda più Ryanair o Easyjet, che la Swissair dei bei tempi, la cui ambizione era quella di offrire il meglio ai propri passeggeri. “Chi cerca biglietti a buon mercato se n’è già reso conto. Oggi non esiste più differenza tra Swiss e Easyjet”, scrive il Blick, il più diffuso quotidiano elvetico.
Un risultato ottenuto, tra l’altro, aumentando la capienza degli Airbus A320 e A321 acquistati dalla filiale di Lufthansa nel 2014. In sostanza, a seconda del tipo di aereo, sono stati aggiunti dai 12 ai 19 posti in più. A bordo non viene più offerto neppure uno snack, a parte un poco di cioccolato, tanto per ricordare che si viaggia su di una compagnia svizzera. Inoltre, Swiss ha creato la tariffa “Light”, che consente di viaggiare a prezzi stracciati, a condizione di portare a bordo solo un piccolo bagaglio a mano.
Tutto questo vale per i voli europei mentre, per quelli transoceanici, è stato mantenuto il livello della Swissair d’antan. “Sia la prima classe che la business sono spesso al completo”, commenta Patrick Huber, già direttore della rivista specializzata Cockpit, esperto in questioni relative al mondo aeronautico. Intanto, però, l’ambizione di primeggiare, almeno a livello europeo, è ormai affare di Lufthansa. I cui ricavi, nel primo semestre del 2018, sono cresciuti del 5,2% con un utile netto di 677 milioni di euro. Di più: la compagnia tedesca è valutata un vettore a cinque stelle, mentre Swiss ne ha appena quattro e, a livello globale, è 12esima nella classifica dei migliori vettori aerei. L’affare, comunque, l’hanno fatto i tedeschi se si pensa che, 10 anni fa, con appena 280 milioni di euro, si impossessarono della compagnia elvetica che, oggi, si dimostra un gioiellino. Forse anche grazie alla progressiva riconversione low-cost.
Franco Zantonelli, Repubblica.it