Pyongyang annulla i colloqui previsti oggi con Seul. Il motivo sono le esercitazioni militari congiunte Usa-Corea del Sud. La Casa Bianca: “Verificheremo le affermazioni della Corea del Nord”. Seul: “Decisione deplorevole”
Kim Jong-un torna ai toni bellicosi. Il leader nordcoreano minaccia di far saltare il vertice con il presidente americano Donald Trump, in programma per il 12 giugno a Singapore, a causa delle esercitazioni militari congiunte tra le forze statunitensi e quelle sudcoreane. E a conferma della sua fermezza ha annullato i colloqui ad alto livello previsti oggi (mercoledì) con Seul e volti a dare seguito allo storico summit tra i due leader della penisola del 27 aprile scorso.
Per Pyongyang le esercitazioni in corso tra l’aviazione di Seul e quella Usa, iniziate venerdì e previste fino al 25 maggio, sono “una provocazione militare internazionale in contrasto con gli sviluppi positivi nella penisola coreana, una prova per l’invasione del Nord”. Un’accusa seguita da un monito all’amministrazione Trump: “Gli Stati Uniti dovranno prendere attente decisioni sul destino del pianificato summit Corea del Nord-Usa alla luce di questo provocatorio putiferio militare congiunto con le autorità sudcoreane”.
In realtà durante lo storico summit avuto con il presidente sudcoreano Moon Jae-in, Kim sembrava aver accettato le esercitazioni congiunte come parte di una routine annuale che si ripete dal 1953. Questa brusca marcia indietro sembra quindi un tentativo di alzare la posta in vista dell’incontro con Trump. Il punto centrale di quel colloquio sarà la definizione del percorso verso la denuclearizzazione, che gli Stati Uniti vogliono “completa, verificabile e irreversibile” prima di concedere a Pyongyang un alleggerimento delle sanzioni. “Non si esprime così chi vuole dialogare”, si legge nella dura dichiarazione ufficiale rilasciata dal vice ministro degli Esteri nordcoreano Kim Kye Gwan. “Questa è la manifestazione di una manovra sinistra per imporre al nostro Paese il destino della Libia o dell’Iraq, che sono collassati per essersi piegati alle grandi potenze”.
Il modello Libia per Pyongyang è stato espressamente citato dal super falco John Bolton, nuovo consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, che il comunicato di Pyongyang definisce “ripugnante”. È chiaro che la prospettiva di finire come Gheddafi o Saddam è il principale spauracchio di Kim. Che però rispetto a Iraq e Libia già possiede le armi nucleari, quindi tratta da una posizione di maggiore forza. Pyongyang sta provando a usarla per strappare agli Stati Uniti accordo su una denuclearizzazione “a fasi”, in cui a ogni gradino corrisponda un alleggerimento delle sanzioni. E più garanzie sulla sopravvivenza del regime, una volta che la sua forza atomica si stata smantellata o, più probabilmente, ridotta. Saranno questi i punti centrali del dialogo con Trump, se non salterà dopo un comunicato così aggressivo da parte di Pyongyang: “Se gli Stati Uniti vogliono metterci in un angolo o obbligarci a un abbandono unilaterale del nucleare non saremo più interessati a questo dialogo”. Va anche considerato che a Kim non conviene raggiungere subito un accordo, vista l’esposizione diplomatica che le trattative in corso gli hanno regalato.
La prima reazione di Washington è affidata alla portavoce del dipartimento di Stato Heather Nauert: “Andiamo avanti col lavoro per pianificare l’incontro tra Donald Trump e Kim Jong-un“. Poi la Casa Bianca ha rilasciato un commento ufficiale: “Siamo consapevoli della notizia diffusa dai media sudcoreani. Gli Stati Uniti verificheranno indipendentemente le affermazioni della Corea del Nord e continueranno a coordinarsi con i loro alleati”. Il portavoce del Pentagono Rob Manning ha chiarito che la natura delle esercitazioni militari nella penisola coreana “non è cambiata”. “Gli Stati Uniti e la Corea del Sud sono impegnate nelle annuali esercitazioni militari congiunte denominate ‘Foal Eagle’, che combinano operazioni via terra e via mare e coinvolgono truppe speciali, e ‘Max Thunder‘ con aerei da guerra “per sostenere la capacità di difesa dell’alleanza Usa-Corea del Sud – ha precisato Manning – e per migliorare la interoperabilità e prontezza”.
Dura la reazione della Corea del Sud che giudica “deplorevole” la decisione unilaterale di annullare il dialogo di alto livello al villaggio di confine di Panmunjom, motivata come risposta alle manovre militari aeree congiunte di Seul e Washington. Lo riferisce il ministero dell’Unificazione, annunciando l’invio di una nota di protesta al Nord su una mossa “non in linea con la Dichiarazione” congiunta dei leader dei due Paesi al summit del 27 aprile con la richiesta di riprendere i colloqui “velocemente”.
Filippo Santelli, Repubblica.it