Proposta anche per garantire volontà su trattamenti di fine vita
Non solo finanza e Bitcoin, la piattaforma web della Blockchain, la “catena di blocchi” che oggi garantisce la sicurezza delle transazioni finanziarie, potrebbe essere uno strumento a tutela di documenti delicatissimi e che toccano direttamente la sfera personale, come il testamento biologico e le dichiarazioni di volontà relative ai trattamenti salvavita.
L’idea è stata lanciata da due seminari organizzati a Milano e a Pavia dal giudice Amedeo Santosuosso, direttore scientifico dello European Center for Law, Science and New Technologies (ECLT) dell’università di Pavia, e con la partecipazione di Oliver R. Goodenough, dell’Università del Vermont e collaboratore del Centro per l’Informatica giuridica dell’università di Stanford (Codex). Come un ‘registro diffuso’, la Blockchain permette di distribuire a un numero esteso di persone la copia di un documento, impedendo in questo modo che il testo possa essere alterato. “E’ una sorta di registro pubblico, nato come base per il Bitcoin, ma i cui sviluppi sono già cominciati”, ha osservato Santosuosso. Ad esempio, “è possibile – ha proseguito – ipotizzare usi non relativi alla moneta, ma a categorie per le quali è fondamentale avere la certezza che i documenti siano non modificabili. Si sta pensando, per esempio, ad applicazioni nell’ambito dei diritti umani, relative alla volontà dei trattamenti”.
La proposta, ha aggiunto Santosuosso, “potrebbe essere interessante per alcune associazioni private che hanno attivato meccanismi di deposito delle volontà, come la Fondazione Veronesi, l’Associazione Luca Coscioni e la Consulta di Bioetica”. In casi come questi la Blockchain “garantirebbe, in modo semplice, la salvaguardia dei documenti nei quali una persona attesta le proprie volontà”. Nel caso in cui si volesse cambiare idea “è possibile studiare una soluzione tecnica che lo consenta”, così come si potrebbe prevedere l’accesso ai documenti da parte di alcune categorie, come medici e istituzioni sanitarie,oppure autorità giudiziarie in caso di contenzioso o legislatori, perché abbiano gli strumenti per poter regolare la materia.
ANSA