Ankara smentisce di aver chiuso il confine. Ma minaccia: «Bloccheremo export di petrolio». Alle urne oltre tre milioni di persone, code dalla notte di ieri
Stato d’allerta nel Kurdistan iracheno a livello di sicurezza in occasione del referendum sull’indipendenza previsto per oggi, con più di 3 milioni di cittadini alle urne. Misure di sicurezza sono state adottate in particolare nella città contesa di Kirkuk dove si sono aperti i seggi e dove sono previste manifestazioni di protesta contro il referendum che potrebbero portare a scontri. Le milizie curde peshmerga hanno rafforzato la loro presenza nelle città della regione in vista di possibili incidenti e miliziani curdi sono stati inviati per questo a Kirkuk e a Sulaimaniyya dove hanno allestito dei posti di blocco. Ai seggi lunghe file di elettori, che si sono messi in coda già nella notte.
Nel frattempo l’assemblea legislativa di Bagdad ha approvato il dispiegamento delle truppe federali in tutti i territori controllati dalle milizie curde. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha minacciato di bloccare le esportazioni di petrolio del Kurdistan iracheno, come rappresaglia contro il referendum sull’indipendenza che si tiene oggi nella regione autonoma. «Annunceremo le nostre contromisure, ma le entrate e le uscite dalla Turchia verso il nord dell’Iraq saranno chiuse, sono curioso di vedere come venderanno il petrolio ora, visto che le valvole sono nelle nostre mani». La minaccia di Erdogan, tutt’altro che velata, colpisce un’area che vede il 95% dell’economia ruotare attorno al petrolio, considerando che le riserve della regione sono stimate in 45 miliardi di barili il cui sfruttamento è legato a doppio filo all’oleodotto che giunge a Ceyhun in Turchia e al valico di Habur, dove transitano 1700 tir al giorno.«Al momento il confine è aperto, abbiamo però rafforzato i controlli. Stiamo valutando le prossime misure da prendere. Abbiamo detto che pagheranno un prezzo per questo referendum e manterremo la nostra parola», ha dichiarato ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Della questione Erdogan ha discusso anche con il presidente russo Putin. I due leader, si precisa in una nota da Ankara, hanno sottolineato «l’importanza dell’integrità territoriale di Iraq e Siria». Anche il presidente iraniano Rouhani si è espresso contro la consultazione elettorale definendola «un pericolo per la stabilita’ dell’Iraq e per la sicurezza dell’intera regione».
I cittadini del Kurdistan iracheno, della provincia di Kirkuk e di Sinjar, nella provincia di Ninive, sono chiamati oggi, per la prima volta dalla nascita della regione autonoma, a esprimersi sulla futura indipendenza da Baghdad, mediante referendum. Si tratta di un voto consultivo ma dall’enorme valore simbolico che rappresenta una forte pressione su Baghdad. Il presidente curdo Masoud Barzani ha annunciato che la «secessione» dall’Iraq potrebbe avvenire tra due anni. Decine di migliaia di persone hanno partecipato venerdì allo stadio di Erbil ad una grande manifestazione a favore dell’indipendenza. Il presidente Barzani, leader del Partito democratico del Kurdistan (Pdk) ha sottolineato, arringando la folla, di essere «pronto al dialogo», ma solo dopo la consultazione popolare. In novembre nella regione autonoma del Kurdistan si terranno le elezioni politiche.
Corriere della Sera