Il sindaco: “Il 12 ottobre darò le credenziali a personaggi che possano spiegare il nostro valore”
Che volesse far marciare la macchina comunale come un’azienda, un po’ c’era da aspettarselo. Che invece Marco Bucci si preparasse a nominare degli “ambasciatori” di Genova, con tanto di credenziali, per portare in giro per il mondo il valore della città, e che volesse portare al tavolo del rilancio economico e commerciale anche il cardinale Angelo Bagnasco, chiedendo alla Chiesa di mettere a disposizione le sue case del centro storico, è un po’ meno scontato. D’altra parte la sua esperienza manageriale, che lo ha portato in giro per il mondo, in particolare negli Stati Uniti, lo stimola inevitabilmente a legare i meccanismi aziendali a quelli che vorrebbe adottare a Tursi. Però Marco Bucci sa bene che le cose non sono così automatiche né dirette.
Che in un’azienda c’è un capo che decide e in un Comune un sindaco che ha che fare con i vincoli pubblici e le maglie strette della burocrazia, senza considerare i limiti politici a un’azione che va sempre divisa con la squadra di maggioranza. Basterebbe chiedere al suo predecessore, Marco Doria, cosa voglia dire aver a che con maggioranze fragili. «Una cosa che non voglio assolutamente fare è parlare del passato — dice — Voglio guardare avanti, costruire, portare a casa dei risultati». Sarà forse anche per questo che spiega di aver apprezzato l’intervista concessa a Repubblica dal segretario genovese della Cgil Ivano Bosco. Uno che certo non può essere annoverato fra i suoi sostenitori, ma che al sindaco ha chiesto di ridare slancio agli Stati Generali dell’economia. Lo aveva già chiesto a Doria, incassando un primo incontro. Poi più nulla. Ora Bosco è tornato alla carica.
Sindaco, accetta la proposta di Bosco? Convocherà gli Stati Generali?
«Assolutamente sì. Ho letto la sua intervista, ha perfettamente ragione. Da settembre ci metteremo al lavoro per arrivare all’incontro che fisserò, credo, fra fine ottobre e inizio novembre. Individueremo con precisione le cose da fare e gli argomenti. Nella mia mente ho già uno schema preciso. Ma non solo il solo a decidere, ci sono anche altri soggetti, mi confronterò prima con loro».
Ma se dovesse decidere ora?
«Quello che farei io? Individuare i filoni in cui siamo più forti. Come tutte le imprese di successo, bisogna investire proprio lì, valorizzando le nostre competenze “core”».
E quali sono questi filoni?
«Sono tre: porto e logistica, e sottolineo l’insieme; turismo e turismo culturale e industria ad alta tecnologia. Vorrei che il risultato degli Stati Generali, o di come vogliamo chiamarli, faccia leva su questi tre filoni, individuando una strategia che punti allo sviluppo di Genova. Non sarà facile, perché ogni filone ha un suo percorso, ma unendo le forze arriveremo a risultati importanti».
Ne dica uno.
«Creare 30mila nuovi posti di lavoro».
Lo aveva già detto in campagna elettorale…
«E lo voglio ripetere. Oggi i posti di lavoro sono 260mila, e non sono diminuiti, come ci ha detto Confindustria. 30mila sono il 12%, in cinque anni. Significa che in un anno si punta al 2,5%. Il Pil cresce dell’1, quindi l’obiettivo è un punto e mezzo sopra il Pil, non sto parlando di numeri enormi e sono convinto che si possa fare, con azioni un po’ più aggressive che stimolino gli investimenti. Sono questi che creano poi i posti. Le faccio due esempi: l’Iit, che ha 1.200 persone, 700 delle quali vengono da fuori Italia. E lo studio Piano, che ho appena visitato e che conta 100 persone».
Ma chi vorrebbe attorno al tavolo degli Stati Generali?
«Le istituzioni, Regione, autorità portuale, la Camera di Commercio, Confindustria, i sindacati e anche la chiesa cattolica».
La Curia per il ruolo sociale che ha sempre svolto sui temi del lavoro?
«Non solo per questo, ma anche per contribuire nel concreto al rilancio del territorio, con azioni mirate. Il patrimonio immobiliare della Chiesa nel centro storico è notevole e potrebbe essere messo a disposizione per iniziative legate alla microeconomia e al commercio. Il cardinale è una figura di grande sensibilità e attenzione, confido che possa partecipare a questo tavolo e che accetti anche di fare un altro piccolo passo».
E quale?
«Il 12 ottobre annuncerò i nomi degli ambasciatori di Genova, figure di grande valore a cui daremo le credenziali per tenere alto il nome di Genova. Ci sono persone di questa città che vanno in giro per il mondo e a loro vorrei chiedere di dedicare una mezza giornata in più a parlare di Genova davanti a queste platee. Il mondo deve capire perché investire a Genova».
Perché, sindaco?
«Per la grande qualità della vita, da ogni punto di vista, clima, dimensioni che la rendono umana e vivibile a piedi, cibo, architettura, arte, cultura, paesaggio. Poi per la enorme competenza del suo mondo delle professioni. Qui è più facile trovare persone in gamba. E poi il lavoro costa mediamente il 15% in meno. Investire a Genova conviene e converrà sempre più. Come Comune daremo facilitazioni fiscali a chi viene a investire qui, sconti notevoli per chi porta lavoro. Risparmi fino a 4, 5 milioni l’anno».
Il governo ha indicato Genova come il porto d’Italia. Condivide?
«Certo, nel modo più assoluto. Il porto e la logistica sono la prima spinta per la ripresa. In questo siamo benedetti dal Signore, geograficamente siamo il porto naturale del Sud Europa e con il raddoppio di Suez siamo ancora più competitivi rispetto al Nord Europa. Dall’Asia si risparmiamo 4-5 giorni scegliendo Genova».
I problemi però restano. Lei li ha sperimentati da manager. Ora è dall’altra parte della barricata…
«E forse questo mi può aiutare a trovare qualche soluzione. Il problema resta sempre quello della pressione della burocrazia. Noi vogliamo essere agili, snelli e veloci. E anche innovativi. Se parliamo ancora di porto, Genova e Savona valgono due milioni di croceristi. A loro proporremo anche il Carlo Felice, con un’esibizione musicale. E il nostro outlet sarà il centro storico».
Il segretario Bosco ha però parlato anche di situazioni di crisi da affrontare al tavolo. Lo farà?
«Posso essere un po’ cinico? La forza dell’economia sta nelle aziende che crescono e che possono bilanciare quelle in crisi. C’è sempre una ciclicità in questo. Dobbiamo fare in modo di compensare questo fenomeno, creando le condizioni per essere sempre più attrattivi. Gli spazi ci sono, Erzelli, la Valpolcevera, non è un problema. Casomai il problema è un altro».
E quale?
«Le infrastrutture. Senza non ci potrà mai essere rilancio. E parlo di gronda, di terzo valico, di treno veloce per Milano e per Roma, di aeroporto. Ma ci rendiamo conto che l’ultimo metro di autostrada è stato costruito 40 anni fa? Solo così possiamo cambiare e permetterci ad esempio, di vivere a Genova e lavorare a Milano».
Sempre dell’idea di Genova sobborgo di Milano?
«Pensavo al termine inglese, suburb, che ha ben altra accezione rispetto alla parola italiana. Pensiamo alla sostanza, qui le condizioni d vita sono uniche e la città è molto competitiva e non teme nessuno. Lo dimostreremo proprio con gli Stati Generali, parleremo per uno-due giorni e poi i risultati li metteremo in una pubblicazione che manderemo in giro per il mondo».
Massimo Minella, La Repubblica