L’imprenditore: «No a scontro tra vecchia e nuova economia»
Perché la new economy come tema?
«L’immagine che abbiamo scelto è una sedia che si tiene in equilibrio con sopra un drappo di ceramica hi-tech. Tra vecchia e nuova economia non c’è contrapposizione ma un’evoluzione del business. Penso a Industria 4.0 che, con una serie di incentivi, consente ad aziende con business tradizionali di innovare servizi e prodotti. Per questo abbiamo invitato realtà innovative come Uber ed Airbnb insieme a imprese tradizionali che hanno innovato tramite le nuove tecnologie».
Uber e Airbnb non sono ben viste né dalla concorrenza né dal fisco né dal legislatore.
«Sono realtà che hanno sviluppato un servizio e creato un nuovo mercato. La polemica poi sul mancato gettito è un falso problema perché tutte le transazioni sono tracciabili e sul reddito generato è già prevista una tassazione. L’evasione è questione di disonestà. Le regole esistono e vanno fatte rispettare. E sbaglia chi pensa che tasse aggiuntive o la trasformazione in sostituto d’imposta possano arginare un nuovo business. Paletti o tasse non possono fermare il mercato quando produce servizi utili al consumatore e dunque al Paese. Però deve essere chiaro che chi produce reddito nel nostro Paese deve pagare le tasse qui».
Eppure si pensa a una web tax.
«I grandi gruppi che operano su Internet spesso vendono dati. Certo, quando non si riesce a capire dove viene prodotto il reddito e quale sia la base imponibile occorre ricercare una soluzione globale, europea: regole comuni in un sistema fiscale comune. Non possiamo pensare a una tassa solo italiana altrimenti favoriremmo una corsa al dumping fiscale. Ciò che oggi rappresenta l’Irlanda per queste società, domani potrebbe essere l’Olanda, la Spagna o la Francia».
Ribadirete il vostro europeismo?
«L’Europa è il nostro mercato domestico ed è il più grande mercato mondiale. Per arrivare al traguardo degli Stati uniti d’Europa serve uniformità di tassazione, fiscalità condivisa, una vera unione bancaria e una difesa comune. La partecipazione italiana all’Unione europea – e lo dico anche alla politica – non può essere oggetto di negoziato perché è una condizione irrinunciabile per le imprese».
L’Italia, però, sembra essere penalizzata dall’Ue, soprattutto in materia bancaria.
«Stiamo pagando lo scotto di aver spesso mandato in Europa seconde, terze e quarte linee. Abbiamo capito troppo tardi che il 70% delle norme che regolano la vita delle imprese provengono da Bruxelles e devono essere gestite da eccellenze della politica. Antonio Tajani, Mario Draghi, per esempio, stanno facendo un ottimo lavoro».
La new economy è in contrapposizione alla vecchia politica di questi giorni?
«Non è una tragedia andare a votare presto. La tragedia sarebbe un anno di campagna elettorale, una legge di Bilancio piena di regali. Il Paese ha dimostrato di poter superare tutto: la Brexit, il referendum costituzionale e anche le elezioni. Di sicuro quello che l’Italia non può tollerare è un anno di inazione. La legge elettorale va fatta. Noi siamo sempre stati a favore di un sistema maggioritario, l’importante è trovare un accordo che renda chiaro chi ha vinto e garantisca stabilità. Non possiamo mettere a rischio questa timida ripresa economica a causa delle diatribe dei partiti»
Silvio Berlusconi tornerà dopo anni in Confindustria.
«Berlusconi è un imprenditore e parla la lingua degli imprenditori. Lo abbiamo invitato come leader politico così come abbiamo invitato le altre due principali forze: Davide Casaleggio ha accettato, il Pd invece ha scelto di non partecipare. E questo mi dispiace».
Il Giornale