Lettera a Parlamento e Consiglio europeo: le norme allo studio favoriscono i big della rete. A rischio contenuti e pubblicità a misura di utente digitale
Come? Perché, grazie al tracciamento dei comportamenti dei navigatori online, quotidiani e periodici riescono a profilare i loro gusti, a capire cosa preferiscono sia in termini d’informazione giornalistica sia in campo pubblicitario (voce rilevante nel conto economico di molte testate). Non a caso è con queste motivazioni che si sono mossi contro l’attuale proposta di regolamento sull’e-privacy, quando prevede che ogni utente dia un iniziale e unico consenso o meno al trattamento dei suoi dati, sia gli editori italiani (riuniti sotto il cappello della Fieg-Federazione italiana editori giornali, presieduta da Maurizio Costa) sia quelli europei che fanno parte dell’Emma (European media magazine association) e dell’Enpa (European newspaper publishers’ association), presieduta peraltro dall’italiano Carlo Perrone, editore storico del Secolo XIX e oggi impegnato nella fusione Secolo XIX-Stampa-Repubblica).
In una lettera aperta al Parlamento e al Consiglio europeo (vedere Italiaoggi.it), quindi, gli editori chiedono che la proposta di regolamento sull’eprivacy venga modificata, altrimenti il rischio è favorire i big della rete visto che hanno più possibilità di chiedere ai loro utenti, direttamente e dopo l’eventuale primo rifiuto al trattamento dati, un permesso in cambio dell’accesso alle loro piattaforme. Eventualità che s’inserisce, a giudizio degli editori, in un contesto squilibrato di mercato in cui quattro società (come Google, Apple, Microsoft e Mozilla) detengono già il 90% del mercato digitale. E senza dimenticare che, secondo i dati dell’agenzia media internazionale Zenith, solo Google e Facebook attirano il 20% di tutti gli investimenti pubblicitari al mondo.
La richiesta di editori (tra cui anche Le Monde, Guardian e Der Spiegel) è di mantenere il meccanismo attuale che, a detta della Fieg per esempio, tutela ugualmente l’utente lasciandogli la libertà di escludere i suoi dati dal trattamento. Diversamente, invece, dal modello proposto che immagina un solo momento iniziale per l’utente di acconsentire o meno. Sempre secondo gli editori, per accedere ai giornali online non ci sono di norma passaggi di autenticazione. Perciò manca di per sé l’occasione per chiedere un nuovo assenso alla profilazione ed è difficilmente immaginabile che le varie testate riescano a convincere in un secondo momento ogni utente, lettore per lettore, a cambiare idea anche attraverso comunicazioni personalizzate.
Comunque sia, l’Unione europea intende inserire la proposta di regolamento nella cornice più ampia del General data protection regulation (Gdpr, Regolamento generale protezione dati), che sarà applicabile da maggio 2018 e che punta proprio a uniformare tutta la normativa comunitaria in materia di privacy. Anche in questo frangente, però, gli editori italiani ed europei giudicano in contrasto la proposta di regolamento con il Regolamento generale protezione dati, se quest’ultimo si pone come obiettivo di ipergantire l’utente digitale nella sua libertà di scelta mentre l’altro provvedimento è come se eliminasse la possibilità di decidere, togliendo l’intero ambito del trattamento dei dati. Anche perché, e qui resta il nodo del confronto, un conto è l’invasività dei colossi del web verso il singolo utente, un conto è il rapporto a due lettore online-giornale di riferimento, secondo alcuni esperti del settore media.
Intanto, però, il confronto in sede europea è già partito ieri con un primo incontro informale al Parlamento europeo. L’intenzione di Bruxelles è arrivare a una decisione conclusiva entro fine giugno.
Italia Oggi