Da Quel giorno sulla Luna, 1970
ORIANA FALLACI. Dev’essere stata una bella gioia, comunque, diventare astronauta.
NEIL ARMSTRONG. «Non saprei. Mi ci faccia pensare…»
Non ci ha ancora pensato?!
«Per me è stato il semplice trasferimento da un ufficio all’altro. Ero in un ufficio e m’hanno messo in quest’altro. Be’, sì, penso che m’abbia fatto piacere. Fa sempre piacere salire di grado. Ma un ufficio o l’altro è lo stesso: io non ho ambizioni personali. La mia sola ambizione è contribuire alla riuscita di questo programma. Non sono un romantico.»
Niente gusto dell’avventura, perciò.
«Per carità. Io odio il pericolo, specialmente se inutile, e il pericolo è il lato più irritante del nostro mestiere. Il più stupido. Come si può trasformare in avventura un normalissimo fatto di tecnologia? E perché rischiare la vita guidando un’astronave? Illogico quanto rischiare la vita usando un frullatore elettrico per fare un frappé. Non dev’esserci nulla di pericoloso a fare un frappé e non dev’esserci nulla di pericoloso a guidare un’astronave. Una volta applicato questo concetto, cade il discorso sull’avventura. Il gusto di andare su tanto per andare su…»
Io, signor Armstrong, conosco qualcuno che andrebbe su anche sapendo di non tornare giù, solo per il gusto di andare su.
«Tra noi astronauti?»
Anche tra voi astronauti.
«Lo escludo. Se lo conoscesse, sarebbe un ragazzo. Non un adulto. Io sono un adulto.»
Signor Armstrong, a parte il frappé, le dispiacerebbe non andare sulla Luna?
«Sì, ma non ci farei una malattia, non la prenderei come un’offesa. Io non capisco, vede, quelli che sperano tanto di andarci per primi. Sono sciocchezze, bambinate, residui romantici: indegni dell’epoca razionale nella quale viviamo. Ed escludo che accetterei di andare sulla Luna sospettando di non tornare giù: ammenoché non fosse tecnicamente indispensabile. Voglio dire: collaudare un jet è rischioso ma tecnicamente indispensabile. Morire nello spazio o sulla Luna non è tecnicamente indispensabile e, di conseguenza, fra morire collaudando un jet e morire sulla Luna, io scelgo di morire collaudando un jet. Lei no?»
Io no. Dinanzi a un simile dilemma, scelgo subito di morire sulla Luna. Almeno mi vedo la Luna.
«Bambinate, sciocchezze! Morire sulla Luna per vedere la Luna! Si trattasse di restarci un anno o due, forse… Non so. No, no, sarebbe un prezzo troppo alto lo stesso: perché irrazionale. Oh, se riuscissimo a sgombrare il campo dalle fanfare su questa Luna! Basta con questi sogni, con queste fanfare!»
Signor Armstrong, lei è stato alla guerra?
«Certo. In Corea. Settantotto missioni di combattimento.»
Signor Armstrong, lei ha figli?
«Certo che ho figli. Due. Dovrei non aver figli alla mia età?»
Signor Armstrong…
«È scaduto il tempo, la saluto. Devo tornare nella centrifuga per allenarmi alle alte forze di gravità.»
Non la invidio, signor Armstrong.
«Sì, è irritante. Forse ciò che odio di più. Ma è tecnicamente indispensabile. Mi spiego?»
Sì. Tecnicamente indispensabile.
«Buongiorno, allora.»
Buongiorno.