Algoritmi e big data il nodo del problema. Fondi per 14 mln $
Facebook lancia la sua Santa Alleanza contro le fake news e riunisce più di 20 organizzazioni tra aziende online, società di relazioni pubbliche ed enti non profit per arginare il fenomeno delle bufale online. Sul tavolo ci sono 14 milioni di dollari (oltre 13 milioni di euro), stanziati non solo dal social network di Mark Zuckerberg ma anche dalla software house Mozilla, il portale americano Craiglist, la società hi-tech AppNexus, il fondatore di Wikipedia Jimmy Wales e la Ford Foundation, tra gli altri.
Il consorzio si chiama News Integrity Initiative e tra i suoi sostenitori non mancano gruppi di comunicazione come Edelman e Weber Shandwick, università come la scuola francese di giornalismo della facoltà di sciences politiques a Parigi e perfino l’Unesco (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura). Obiettivo finale: aiutare gli editori a raggiungere nuovi lettori fornendo un’informazione più sicura, alleandosi con il quotidiano tedesco Bild, il Washington Post, El Paìs e il network tv Fox News. Al momento non sono stati resi noti né sostenitori né partner italiani del progetto.
Non è la prima volta che un social network s’impegna contro le bufale online dopo che Google ha avviato per conto suo un’iniziativa analoga, First Draft News, e che lo stesso Facebook ha cominciato a testare un filtro ad hoc in Germania e Stati Uniti. Ma la diffusione delle fake news continua ad avvenire soprattutto attraverso i social network visto che sempre più persone s’informano su queste piattaforme digitali e, secondo uno studio recente, la crescita è stata molto forte negli ultimi anni passando nel 2015 a quota 63% dal 47% di lettori di soli due anni prima.
Inoltre, Facebook è stato accusato di aver favorito l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, avendo lasciato circolare false informazioni tra i suoi quasi 1,8 miliardi di utenti come quella sulla presunta indagine dell’Fbi nei confronti di Hillary Clinton. Ma sono molte le fake news che hanno scorrazzato per il web tra cui, giusto per rimanere Oltreoceano, quella più famosa del sostegno pubblico di Papa Francesco a Trump. Senza dimenticare gli attuali timori per un boom di fake news e connessi spionaggi stranieri durante le prossime elezioni francesi e tedesche.
Insomma, le notizie completamente destituite di fondamento sono tante, colpiscono l’immaginario dei lettori anche se improbabili e si diffondono rapidamente: ecco perché Jeff Jarvis, docente di giornalismo alla scuola di giornalismo della City university of New York (Cuny), che gestirà News Integrity Initiative, ha subito sottolineato il cuore del problema: «Non vedo l’ora di lavorare con Facebook per analizzare i numeri e i dati» con cui il social network costruisce il flusso delle notizie. Il tema è quello di algoritmi, big data e fact-checking, già al centro sia delle strategie digitali di molti giornali sia di tante aziende e agenzie di comunicazione.
Comunque andrà avanti News Integrity Initiative, di certo c’è che le fake news non danneggiano solo i giornali ma anche i social network: basta ricordare che nelle settimane scorse sono fuggiti in massa da YouTube inserzionisti del calibro di Tesco (insegna di supermercati) e At&T (compagnia telefonica), dopo che alcuni spot online erano stati pubblicati su siti fake o dai contenuti razzisti. A causa del congelamento temporaneo degli investimenti pubblicitari, Google (cui YouTube fa capo) ha bruciato in Borsa 22,6 miliardi di dollari (21,2 miliardi di euro).
Italia Oggi