Cesare Lanza
Scommettiamo che Marcello Dell’Utri, attualmente in carcere a Roma, a Rebibbia, sarà riabilitato? Almeno per quanto riguarda l’opinione pubblica. Sta scontando una condanna definitiva a 7anni per concorso esterno in associazione mafiosa: un reato di recente conio, discusso e contestato da un’infinità di giuristi, politici e perfino da esponenti della magistratura. L’ho incontrato alcune volte e ne ho apprezzato l’ironia, l’intelligenza e il realismo. Non conoscendo le carte processuali, posso solo dire che Marcello mi è sempre piaciuto per le esternazioni sulla sua tormentata, dolorosa condizione. Si è sempre dichiarato innocente, ha negato contatti con mafiosi di nota identità, salvo pochi e casuali, inevitabili per chi fa politica. In un’intervista ha detto di sé ciò che molti pensano: «Mi considero un prigioniero di una guerra perduta, ma ancora in atto, contro Silvio Berlusconi». Ha scontato 3 anni e rimpiange di non aver affrontato prima (perché aveva utilizzato l’immunità parlamentare) il suo destino giudiziario. Il riferimento è alla sua età, 76 anni a settembre. «Sarei libero da tempo». Mi piacque all’epoca di Tangentopoli, quando c’era un fuggifuggi e tutti se la facevano sotto per la paura. «Il carcere non mi spaventa, non ho niente da dire. Basta che mi diano qualche libro da leggere». Venticinque anni dopo, non gli danno neanche gli arresti domiciliari, non si tiene conto che è vecchio, malato, è stato in fin di vita. Ma lui non si lamenta. E in carcere si è iscritto all’università, studia storia medievale: forse una scelta dell’inconscio, la sua vita è un romanzo da Medio Evo. Ha dato tre esami, la prima volta ha preso 30, poi anche la lode.
Cesare Lanza, La Verità