Scommettiamo che non sarà l’Europa a fermare la decadenza del nostro continente? 0 è una scommessa troppo facile? Una volta le immani crisi, come quella che stiamo vivendo, si risolvevano con una guerra (perduta) o con qualche catastrofe, che costringevano le popolazioni (ammesso che fossero sufficienti) a rimboccarsi le maniche, a compattarsi, a lavorare sodo e senza chiacchiere, per la ricostruzione. Lungi da me, ovviamente, il desiderio che una guerra 0 una calamità devastante venga a salvarci dal lungo e inerte immobilismo che stiamo vivendo. Il guaio è che il sogno europeo, utopisticamente affascinante, si è rivelato una gabbia, una prigione che costringe molti Paesi, tra cui l’Italia, a subire regole assurde e mortificanti, senza concrete speranze di uscirne, per l’avvenire, salvo ulteriori sofferenze. C’è stata forse una sola parola, nella montagna di chiacchiere e di retorica che abbiamo ascoltato nel sabato del vertice romano, che ci consenta una pur minima fiducia? Direi di no: al massimo parole come «abbiamo commesso errori», «faremo», «cambieremo ciò che non va». Ma il progetto dov’è? Qual è l’impegno preciso, non più rinviabile, per disciplinare l’accesso dei migranti? E quali le misure economiche per non prendere alla gola i Paesi sofferenti? Non si vede luce: siamo immobilizzati dal sistema europeo. Ma temo che la decadenza dell’Occidente sarebbe, comunque, inarrestabile. Mi hanno segnalato due libri importanti, li leggerò e ve ne parlerò: di Arnold Toynbee, uno storico inglese, e di Oswald Spengler, dal titolo eloquente, II tramonto dell’Occidente. Che risale addirittura alla fine della Prima guerra mondiale.
di Cesare Lanza, LaVerità