di Cesare Lanza
Scommettiamo che forse è stata detta l’ultima parola sullo stadio della Roma? Si farà! 0 forse no. Cioè, forse non è stata detta l’ultima parola. Mai dire mai. In apparenza, il giorno prima, Beppe Grillo aveva dato uno stop: «Lo stadio si fa, ma non a Tor di Valle». Il che, tradotto realisticamente, poteva significare: rinvii sine die, iniziativa bocciata. E invece sì: è stato trovato un accordo, in apparenza, di buon senso.
Paradossalmente, un accordo come si poteva trovare da mesi, se i progettisti lo avessero avuto, un po’ di buon senso, e se il costruttore Luca Parnasi e il proprietario James Pallotta non avessero insistito nel pretendere, insieme con lo stadio, anche altri impianti, speculativi, inaccettabili. Vengono cancellati 500.000 metri cubi, in particolare le tre torri alla base di infinite contestazioni. Che lo stadio fosse il pretesto per una gigantesca operazione speculativa, era chiaro a ogni osservatore imparziale,.senza arrivare alla sequela condita da insulti, ma persuasiva nei contenuti, di Vittorio Sgarbi. Quindi, è fatta? È prudente mantenere un cauto «mai dire mai». Perché ci sono ancora due incertezze: la Conferenza dei servizi, convocata per il 13 marzo (ma forse la Roma chiederà il rinvio di un mese). E l’ammonimento – per la verità un diktat bizzarro, dopo anni – della Soprintendenza alle belle arti – per tutelare l’ippodromo, peraltro ormai fatiscente. Ma il problema vero, oggi ignorato, è il rischio – alto – di esondazione a Tor di Valle. Secondo il riprovevole costume dei dibattiti in Italia, all’improvviso non se ne parla più, a dispetto della drastica esternazione di Grillo. Tutto va bene, insomma, ma incrociamo le dita…
di Cesare Lanza, La Verità