Le confederazioni: prima del confronto via il nuovo regolamento aziendale
I sindacati non si sono presentati. Hanno deciso ieri di disertare il confronto con l’azienda per riprendere la trattativa sul nuovo contratto di Alitalia. Per ora è in regime di ultra-attività quello scaduto il 31 dicembre, ma il management della compagnia vuole un deciso taglio dei salari del personale navigante e di terra, quantificabile in un 20% secco, per presentare agli azionisti un piano industriale che includa un’importante sforbiciata al costo del lavoro. I confederali invece non intendono arretrare di un centimetro. Hanno confermato lo sciopero di oggi, previsto dalle 14 alle 18. Hanno ottenuto dall’azienda, grazie alla mediazione del governo, l’apertura verso ciò che percepivano come un’autentica forzatura: la rottura unilaterale del contratto con l’adozione di un regolamento interno dal 1° marzo. Ciò non avverrà. Ieri da Istanbul il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, si è speso per tentare di svelenire il clima, dopo essersi sentito telefonicamente con il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo. Il quale ha sentito la necessità di contattare anche Graziano Delrio, titolare dei Trasporti, per rassicurarlo sul piano industriale. Che verrà presentato entro i primi di marzo. In filigrana l’incubo di tutti è che lo scontrino sociale del progetto di rilancio della compagnia sia troppo alto. Circola con maggiore insistenza il numero degli esuberi. Sarebbero 2mila, su una forza lavoro di 12mila. Il consulente strategico Roland Berger sta lavorando per emendare il piano proposto dall’amministratore delegato Cramer Ball.
I consulenti hanno visto in questi due giorni tutti gli azionisti. Quelli della compagine Cai, compresi Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ed Etihad. Ieri Gian Maria Gros-Pietro, presidente dell’istituto di Ca’ de Sass, ha replicato ai cronisti che gli chiedevano conto del ritardo (inaspettato) del piano industriale. «Un banchiere deve essere paziente — ha detto —. Non siamo vettori aerei, non siamo in grado di scrivere un piano». L’ipotesi più accreditata è che si vada verso uno sdoppiamento della compagnia. Con una divisione per il lungo raggio. E un’altra sul corto-medio. Per entrambe sono possibili alleanze industriali non appena la compagnia sia tornata sul crinale dell’utile che ormai manca da sette anni. Serve — prima di sedersi al tavolo con Lufthansa per il primo segmento e con Ryanair ed Easyjet per il secondo — un piano efficace, un’operazione di salvataggio da almeno 900 milioni di euro, considerando anche le linee di credito riattivate a dicembre da parte delle banche e i 400 milioni che sarebbe disposto a garantire Etihad. Senza dimenticare la trattativa con Generali condotta da Lazard. Quell’obbligazione da 300 milioni di euro scadenza 2020 merita un approfondimento di analisi.
Il Corriere della Sera