Piazza Affari in rialzo con banche ed energetici. L’Opec ha allargato il taglio della produzione ai Paesi vicini al cartello, a cominciare dalla Russia, e il greggio è salito ai massimi dall’estate del 2015. Scendono invece i valori delle obbligazioni in vista delle pressioni inflazionistiche. Seduta pesante per i listini cinesi: paura per il mercato immobiliare
Tra mille scetticismi, la macchina dell’Opec sembra si sia messa effettivamente in movimento in direzione di un taglio ai livelli di produzione del petrolio. Undici Paesi, capitanati dalla Russia, hanno concordato con il cartello produttore di aggiungere altri barili al conteggio del taglio produttivo annnuciato nei giorni scorsi. La stessa Arabia Saudita, che guida l’Opec, ha parlato della possibilità di riportare i livelli estrattivi sotto i 10 milioni di barili al giorno, asticella superata nel marzo 2015. “Il coordinamento è senza precedenti”, annota Nei Beveridge di Sanford C. Bernstein all’agenzia Bloomberg. “Se dovessero essere effettivamente rispettosi di questo accordo, i tagli sarebbero sufficienti a mandare il mercato in deficit di greggio“, con conseguente risalita dei prezzi. Una risalita che serve ai bilanci dei Paesi produttori, ma che permetterebbe d’altra parte ai produttori di shale americano (la cui estrazione è più costosa) di affacciarsi sul mercato. Intanto, il prezzo del greggio Wti è tornato ai massimi del luglio 2015, a 54,5 dollari al barile, mentre il Brent si è portato a 57,8 dollari.
Se il mondo guarda al greggio, a Piazza Affari tiene banco la vicenda bancaria: il Monte dei Paschi viene acquistato in Borsa, mentre il management sta cercando di portare a termine l’aumento di capitale di mercato, ma l’opzione del salvataggio pubblico resta sempre dietro l’angolo. Intanto, Unicredit ha ufficializzato l’attesa cessione di Pioneer ai francesi di Amundi in un accordo da 3,8 miliardi: un’altra notizia che porta buonumore sul titolo. Sentimento condiviso anche su Eni, che ha ceduto per oltre 1 miliardo di dollari il 30% di una grande concessione in Egitto a Rosneft. Supportata da queste notizie, Milano tratta in rialzo dell’1,2%, mentre le altre Borse europee sono fiacche: Parigi è invariata, Londra e Francoforte cedono lo 0,2%.
L’euro è in lieve ribasso sul dollaro. All’avvio degli scambi sui mercati del vecchio continente, la moneta unica viene scambiata a 1,058 sul biglietto verde. Venerdì secondo le rilevazioni della Bce valeva 1,055 sul dollaro. Lo spread si restringe sotto 165 punti base, con il decennale italiano che rende il 2% sul mercato secondario. Il Tesoro ha registrato un lieve rialzo dei tassi nella prima asta di Bot dopo la vittoria del ‘no’ al referendum costituzionale, mentre gli analisti credono che il prossimo governo Gentiloni sia espressione di continuità rispetto al recente passato: assegnati tutti i 4,75 miliardi di euro di titoli ad un anno con tassi in rialzo a -0,196% da -0,217% del collocamento di novembre. La domanda è stata pari a 1,73 volte l’importo offerto, stabile rispetto all’asta precedente. L’Ocse ha censito un calo della disoccupazione nell’area Ocse in ottobre: è diminuita di 0,1 punti percentuali al 6,2% e risulta in calo di 1,9 punti rispetto al picco segnato nel gennaio 2013. In Italia, il tasso è sceso all’11,6 per cento.
La crescita del prezzo del petrolio, che rialza le prospettive di inflazione, ha messo ulteriore pressione sul mercato obbligazionario in vista del rialzo dei tassi della Fed che i mercati danno per certo a metà settimana.
Chiusura in netto calo per le Borse cinesi: a Shanghai l’indice Composite è sceso a 3.152,97 punti a -2,47%, mentre a Shenzhen l’indice Component ha perso terreno a 10.302,85 punti a -4,51%. Sulla fiducia degli investitori asiatici ha pesato l’andamento del settore immobiliare, che per gli operatori è una minaccia sul futuro. Ha terminato invece in rialzo per la Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei 225 che sale dello 0,84% a 19.155,03 punti. Wall Street riparte dopo l’ennesima seduta da record, che ha permesso alla Borsa americana di chiudere la quinta settimana di rialzi.
Le quotazioni dell’oro scendono ai minimi da 10 mesi a fronte della volata del petrolio dopo l’intesa tra i paesi Opec e non sui tagli alla produzione. Il lingotto con consegna immediata perde lo 0,5% a 1.154 dollari l’oncia.
Raffaele Ricciardi, La Repubblica