Stavo sfogliando uno dei meravigliosi libri di Antonio Ghirelli, «Napoli sbagliata», e pensavo che per me la stupenda città di Napoli non è la violenza algida di Gomorra, non è lo squallore speculativo di Saviano, non è il simbolo della criminalità che quasi quotidianamente arriva alle pagine di cronaca. Sarà un istinto sentimentale e romantico, forse sbagliato, certo letterario, ma per me Napoli è il linguaggio malinconico di Marotta, è il teatro di Eduardo, è la fantasia di Totò, è il racconto di Ghirelli: é una cultura inimitabile in cui la nobiltà e le miserie della città emergono con la consapevolezza e l’amarezza di chi sa. Con passione e umorismo, con dolore e ironia, con la fiducia che deriva da un orgoglio mai piegato. Ricordo oggi Ghirelli, per me un padre, nel giorno di Sant’Antonio, che sarebbe stato il suo onomastico, con le parole di Vicinanza. Una straordinaria, affettuosa sintesi: «Ghirelli spiegò Napoli agli italiani, il calcio ai tifosi, il socialismo ai comunisti» (Luigi Vicinanza, oggi direttore dell’Espresso).
Cesare Lanza, Italia Oggi