Il mercato delle «copie» vale 461 miliardi di dollari e un nuovo report svela l’utilizzo del canale dei social. Così Ferragamo tagga le scarpe, Certilogo crea etichette smart per Versace. E la Cabro ha sviluppato un inchiostro a prova di falsari
«Quanti sono i capi autenticati dal nostro sistema di certificazione anti-falso? Ormai più di 80 milioni nel mondo. E dire che quando ho fondato Certilogo, dieci anni fa, la frontiera della riconoscibilità digitale anti-contraffazione sembrava davvero lontana». Michele Casucci, fondatore e ceo di Certilogo ormai si divide tra Milano e San Francisco, «abbiamo aperto una testa di ponte anche in Nord America dove il nostro sistema anti-falso è già stato sposato da cinque brand». In totale ormai sfiorano la sessantina le griffe che hanno chiesto a Certilogo di taggare i loro capi e accessori per renderli a misura di copia. «Da Versace di cui ormai garantiamo tutte le linee prodotto anche gli occhiali realizzati con Luxottica, a Blumarine, da Giuseppe Zanotti Design, a Stone Island, Paul&Shark, Lanvin Paris e Chopard — , continua Casucci che ha radunato attorno al progetto di tracciabilità e autenticazione una manciata di soci sin dal 2007 —. Fino a Nobis, alle cover per smarphone e tablet di Moschino e Pollini e alla capsule collection sviluppata da Nike con Stone Island».
Già, dai dati dell’ultimo report 2016 dell’OECD – Ufficio proprietà intellettuale, valgono qualcosa come 461 miliardi di dollari le merci contraffate (il 2,5% del commercio annuo, mondiale). E in Europa il danno delle merci fake, contraffatte, vale 85 miliardi di euro (116 miliardi di dollari).
Non solo capi e borse vendute sulla spiaggia, ma sempre più copie vendute online. E non solo e-commerce. L’ultima novità sono i «falsi» che viaggiano su Instagram. Un mondo indagato da un fresco studio di Andrea Stroppa, security researcher per il World Economic Forum, con Daniele di Stefano e Bernardo Perrella. Lo studio indipendente «Social Media and Luxury Goods Counterfeit», rivela infatti come circa un quinto di tutti gli item taggati come beni di lusso su Instagram siano in realtà delle copie. Insomma anche i social media sono entrati nel circuito del mercato del contraffatto. E il contatto degli aspiranti compratori con i venditori avviene sempre più spesso grazie a WhatsApp o WeChat. Perché Instagram? «Perché Instagram è una delle migliori piattaforme social per questo settore», risponde Stroppa. E quali sono i marchi più contraffatti? «Chanel, Louis Vuitton, Prada, Fendi, ma anche Gucci, Bulgari, Burberry, Dior e i marchi di Luxottica Ray Ban e Oakley, quanto invece ai Paesi da dove partono le merci ci sono la Russia, ma anche la Cina, la Malesia, l’ Ucraina e l’Indonesia».
Così il mondo del lusso si attrezza per sconfiggere il crescente mercato del falso. Come funziona l’etichetta smaschera-falsi dell’italiana Certilogo? «Il sistema di brand authentication consente al consumatore di verificare l’autenticità di un capo, in tempo reale, attraverso un’etichetta applicata ai prodotti, e tessuta con il codice Certilogo in formato in chiaro e in formato QR Code. Basta connettersi al sito www.certilogo.com o usare l’App Certilogo, registrarsi tramite Facebook, Google + o con un account di posta valido, e inserire il codice Certilogo per avere la certezza che il prodotto scelto sia davvero autentico — spiega Casucci —. E superano già il milione i consumatori, o meglio gli shopper di lusso che da 150 Paesi hanno interrogato le etichette digitali per avere una risposta di autenticità o meno del capi che si stavano accingendo ad acquistare: ormai l’etichetta parla in 9 lingue, dall’italiano e inglese al giapponese, cinese e presto anche il coreano». A proposito di Cina, dopo la testa di ponte negli Usa guardate a Pechino? «Si, la prossima apertura sarà nell’ex Celeste Impero dove ormai la popolazione affluent supera quella degli Usa, e avendo la disponibilità economica per acquistare borse e vestiti autentici creca i nostri sistemi anticontraffazione».
Maison come Ferragamo hanno sviluppato «in casa» dei sistemi proprietari per avviare al problema delle copie. Così, a partire dalla collezione Pre Fall 2014, in tutti i modelli di calzature donna di Salvatore Ferragamo, con poche eccezioni, è stato inserito nella suola della scarpa sinistra un chip che permette la tracciabilità del prodotto (RFID Tag): il Tag NFC non può essere contraffatto e il posizionamento all’interno della calzatura non è visibile.
Il progetto è stato poi esteso alle calzature uomo dalla pre collezione estate 2015 e ai prodotti Small Leather Goods donna/uomo, valigeria e borse donna dalla collezione AI 2015. «L’impegno del gruppo nella lotta alla contraffazione sarà intensificato anche nel 2016 — confermano in Ferragamo —. Sia per tutelare i diritti di proprietà intellettuale che a difesa dei consumatori, con nuove azioni civili, maggiori controlli online e offline, un continuo monitoraggio dei social network e un ulteriore rafforzamento delle azioni intraprese anche presso le autorità Doganali sul territorio. Dal 2013 Ferragamo è riuscita a bloccare oltre un migliaio di siti pirata e a far sequestrare e distruggere alle dogane circa centomila prodotti a livello worldwide».
Perché è stato proprio il successo dell’e-commerce che se da un lato ha aperto alle griffe nuove porte di contatto con i consumatori, dall’altro ha aperto ai produttori di merci contraffatte un nuovo sbocco. Così gli uffici di brand protection dei marchi del lusso sono stati travolti da un problema che prima considerato marginale. «L’e-commerce è infettato da prodotti non autentici, e i marchi stanno dedicando molte energie per tutelarsi», nota Francesco Bottigliero, amministratore delegato di Fiera Digitale, società partecipata da Pitti Immagine cui fa capo e-Pitti.com. «E il rischio online si annida soprattutto nelle cosiddette flash sales, le vendite lampo». Risultato: «Molte aziende, specie quelle di alta gamma, stanno utilizzando soluzioni anticontraffazione. Se il problema dei prodotti contraffatti era reale negli anni 70 con i RayBan di imitazione, negli 80 con i Cartier e adesso con abiti e accessori facilmente contraffatti, la novità è proprio questo vasto mercato del falso che corre sul web».
Un’altra frontiera della lotta alle «copie di lusso» è quella nata dalla sperimentazione avviata una manciata di anni fa dal Cnr di Napoli. Test da cui è nata la Cabro azienda del distretto orafo di Arezzo che con i metalli preziosi ha fatto più di (semplici) monili. Si è infatti assicurata da Punto Quantico (spin off del Cnr) la licenza in esclusiva di un inchiostro termocromico che si può applicare sia a filati o pelle, come nel mondo della moda, che alla plastica. Come funziona questo inchiostro battezzato SAFE 79 (79 perché è il numero atomico che identifica l’oro)? Invisibile a occhio nudo, a base d’oro nanometrico, se sollecitato con raggi ultravioletti si evidenzia con un colore, decifrabile in base a un codice colorimetrico, e svela un codice numerico che permette così di confermare l’autenticità di un capo».
di Enrica Roddolo, Corriere della sera