È polemica sul conflitto d’interesse: cura la raccolta di altre
In Italia il problema non esiste, almeno per quanto riguarda un conflitto d’interessi diretto. Perché Publitalia raccoglie la pubblicità per le reti Mediaset (che è il suo azionista) e Sipra raccoglie la pubblicità per la Rai. Ognuno nel suo recinto, e così almeno le forme sono salve. Ora immaginatevi che la Publitalia francese, il gruppo Havas, controllato direttamente da Vincent Bolloré, che è anche proprietario di Canal+, la prima tv criptata a pagamento, decida di fondersi con l’azienda proprietaria del suo principale cliente (Canal+), cioè con il gruppo Vivendi il cui azionista di riferimento è ancora quel Vincent Bolloré, gran frequentatore della finanza italiana, come si sa, grande azionista di Mediobanca, di Telecom e da qualche settimana anche di Mediaset (con l’acquisizione di Mediaset Premium ancora una volta parte di Canal+). Il risultato è la nascita di una singolare conglomerata che mette insieme la tv a pagamento (Canal+) e la sua agenzia pubblicitaria (Havas) sotto il controllo diretto della casa-madre, la holding Vivendi. Niente di strano, un buon modello di efficienza si direbbe in Italia, dove ai conflitti d’interesse abbiamo fatto il callo, come si dice. In Francia, invece, il «rapprochement» inquieta e scatena una bella polemica. Perché va bene far parte dello stesso gruppo, fare sinergia e quindi ridurre i costi (in prospettiva), ma Havas non lavora solo per Canal+ e le altre reti tv del gruppo Vivendi (D8, D17, iTélé, Universal Music e altro), ma raccoglie pubblicità anche per le reti concorrenti (come se Publitalia raccogliesse per la Rai o La7) tipo TF1, M6, BFM. E quindi, ci si chiede, come può Havas essere «neutre et objective», con quell’azionista e con quelle aziende-clienti controllate dallo stesso patron, come prevede la legge Sapin sui conflitti d’interesse nel mondo dei media? Già il mese scorso, quando già le voci di un’integrazione Havas-Vivendi circolavano, il grande concorrente, sir Martin Sorrell, numero uno di WPP, durante un workshop internazionale sui media promosso dal Financial Times, aveva fatto capire chiaramente che la «proximité», l’eccessiva vicinanza tra Havas e Vivendi, poteva essere un problema per il corretto funzionamento del mercato pubblicitario in Francia. La questione è talmente delicata che l’annuncio di una possibile fusione Havas-Vivendi (sarebbe meglio dire, il ritorno di Havas sotto il tetto di Vivendi, suo antico azionista fino al 2000 prima dell’era Bolloré), è stato dato dal suo doppio-azionista, cioè da monsieur Vincent, con tutte le cautele del caso: «Il est evident qu’un jour il y aura quelque chose entre Vivendi et Havas», un giorno potrebbe esserci un feeling tra Havas e Vivendi. Insomma, l’ha presa alla larga, segno evidente che l’operazione è pronta per la sua formalizzazione come fa capire, tra l’altro, l’arrivo, solo qualche giorno fa, nel consiglio d’amministrazione di Vivendi del pdg di Havas, Yannick Bolloré, figlio del medesimo Vincent. Con questa mossa, «Bolloré a brisé tous les tabous», Bolloré ha bruciato tutti i tabù del mercato, ha titolato ieri il quotidiano economico «les Echos», raramente critico nei confronti del tycoon dei media impegnato, in questo momento, in una difficilissima operazione di raddrizzamento dei conti di Canal+ che perde tanti soldi e che non può più permettersi troppe ore di trasmissione in chiaro, pena il crollo degli abbonamenti. Perché pagare, se almeno cinque ore di programmi alla settimana sono in chiaro, visibili sulle reti Tnt (Télévision numerique terrestre), sul digitale? Così non si può andare avanti, ha detto chiaro Bolloré ai suoi manager nei giorni del Festival di Cannes, polemizzando anche con gli sprechi della ricchissima sponsorizzazione festivaliera di Canal+. Le ore di trasmissione in chiaro, questa la decisione, saranno ridotte, a cominciare dallo sport (calcio e rugby), il vero asset di qualsiasi canale a pagamento. «Non è accettabile», ha detto Bolloré a Cannes, «che il tasso di penetrazione della tv a pagamento sia del 45% in Gran Bretagna e solo del 20% in Francia». E così è partita l’integrazione Havas-Vivendi. Tutto il resto deve ancora arrivare.
Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi