Il rapporto annuale di Reporter senza frontiere colloca il nostro Paese al 77° posto. Peggio di noi in Europa solo Cipro, Grecia e Bulgaria. Situazione drammatica in tutto il mondo: “declino consistente e preoccupante”. Il “paradiso” è la Finlandia
“In tutto il mondo la libertà di stampa è in consistente e preoccupante declino”. Così Reporter senza frontiere riassume i dati del rapporto annuale sullo stato dell’informazione. E tra i Paesi in cui c’è meno libertà di espressione rientra anche l’Italia, scesa al 77° posto, indietro di altre quattro posizioni rispetto al 2014 e in costante peggioramento dal 2002, primo anno in cui l’organizzazione non governativa ha cominciato a elaborare il suo rapporto. Ovunque, sottolinea Rsf, i leader politici sono “paranoici” nei confronti dei giornalisti e “la sopravvivenza di un’informazione indipendente sta diventando sempre più precaria, sia nei media privati o controllati dagli stati, a causa delle ideologie, soprattutto religiose, ostili alla libertà di stampa. Una minaccia consistente al giornalismo indipendente è rappresentata anche da “strumenti di propaganda su larga scala”. Il nostro Paese si colloca agli ultimi posti nell’Unione Europea, dove, tuttavia, i giornalisti godono ancora di una maggiore tutela e autonomia rispetto al resto del mondo. Peggio di noi fanno soltanto Cipro, Grecia e Bulgaria, meglio fanno Moldova, Nicaragua, Armenia e Lesotho. I reporter italiani più a rischio sono coloro che fanno inchieste sul crimine organizzato e sulla corruzione. nel parlare dell’Italia il rapporto di Rsf dedica un paragrafo a parte a Repubblica e alle inchieste su Vatileaks. “Nel 2015 La Repubblica ha denunciato che tra 30 e 50 giornalisti sono sotto protezione perché sono stati minacciati. Il livello di violenza contro i giornalisti (incluse violenze verbali, intimidazioni fisiche e minacce di morte) è allarmante”, sottolinea il rapporto e continua stigmatizzando la vicendfa del giornalista dell’Espresso Emiliano Fittipaldi e del conduttore de La7 Gianluigi Nuzzi: “Il sistema giudiziario della Città del Vaticano sta perseguitando i media in connessione agli scandali Vatileaks e Vatileahs 2. Due giornalisti rischiano fino a otto anni di prigione come conseguenza dell’aver scritto libri sulla corruzione e gli intrighi all’interno della Santa Sede”. Non ci sono soltanto brutte notizie: per la prima volta l’Africa si colloca subito dietro l’Europa e fa meglio dell’America, a dimostrazione della vitalità di un continente in cui una popolazione molto giovane sta lottando per i suoi diritti. Resta la situazione drammatica dell’Asia, spiegata in larga misura dagli indicatori usati da Rsf per stilare le sue classifiche, indicatori che comprendono la censura su Internet e che, quindi, registrano la situazione allarmante di molti Paesi asiatici, primi fra tutti la Corea del Nord e la Cina. Il posto migliore al mondo per fare il giornalista si conferma la Finlandia, che dal 2010 è in testa alla classifica di Rsf, seguita nel 2015 dall’Olanda, che guadagna due posti, e dalla Norvegia, che ha perso la seconda posizione. Russia, Turchia ed Egitto sono rispettivamente al 48°, 151° e al 159° posto. Fanalini di coda sono il Turkmenistan (178°), la Corea del Nord (179°) e l’Eritrea (180°). Nel rapporto 2015 di Rsf si rileva anche il miglioramento della Tunisia, che guadagna 30 posizioni e anche dell’Ucraina, che sale di 22 posti grazie alla stabilizzazione del conflitto. Il World Press Freedom Index misura il livello di libertà dei giornalisti in 180 Paesi usando i seguenti criteri: pluralismo, indipendenza dei media, ambiente in cui si opera e autocensura, provvedimenti di legge in materia, trasparenza, infrastrutture e abusi. In particolare, Rsf ha registrato un declino costante di tutti i parametri dal 2013 a oggi e soprattutto un peggioramento delle infrastrutture, visto che molti governi non esitano a impedire l’accesso a Internet o distruggere le sedi dei media e le loro apparecchiature, fenomeno evidente nel calo del 16%, dal 2013 a oggi, nell’indicatore delle infrastrutture. Anche le leggi in materia di informazione hanno registrato un peggioramento, con provvedimenti che hanno penalizzato i giornalisti accusati di reati come “vilipendio del presidente”, “blasfemia”, ” apologia del terrorismo”. In conseguenza, si è registrato un aumento di autocensura, cresciuta nei dati del 10 per cento dal 2013 al 2016. Ogni continente ha visto il suo peggioramento in un settore o l’altro della stampa. In America, a causa della drammatica crisi del Messico, dove sono stati numerosi i giornalisti uccisi dai narcotrafficanti, la libertà di informazione è scesa del 20,5 per cento e in Europa e nei Balcani c’è stato un peggioramento del 6,5 per cento a causa della crescente influenza di gruppi estremisti e governi ultraconservatori.
CRISTINA NADOTTI, Repubblica