Premium è strategica, non siamo semplici venditori
Mediaset Premium è parte del core business del Biscione per questo, sottolinea il cfo del gruppo, Marco Giordani, «non siamo semplici venditori». E nonostante il manager durante la conference call sui conti 2015 dica che non vuole commentare i rumors apparsi sui giornali riguardo alle trattative con Vivendi, spiega che Mediaset è pronta a valutare opportunità di crescita. Anche perché lo scenario a livello europeo sta mutando rapidamente: «la pay tv sta andando incontro a importanti cambiamenti non solo in Italia. C’è una spinta internazionale al consolidamento, come accaduto con Sky, c’è una convergenza fra telco e pay tv. È una tendenza di mercato, anche se in Italia la situazione non è ancora così chiara. Se siamo in un contesto in cui ci sono movimenti nel settore che possono cambiare il profilo dei gruppi allora potremmo essere disponibili a valutare operazioni che migliorano la nostra performance o strategia». Peraltro Premium, dice il cfo, sta dando risultati soddisfacenti: i ricavi totali sono cresciuti del 3,7% a 558,8 milioni, grazie a un incremento dell’11% del fatturato nella seconda metà dell’anno in corrispondenza con l’avvio della nuova offerta calcistica. Gli abbonati sono cresciuti a quota 2,1 milioni, mentre per quest’anno le stime sono di raggiungere i 700 milioni di ricavi. Accordi futuri a parte, il gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi ha registrato un 2015 in crescita su tutti i fronti, sebbene sui margini abbia risentito da una parte proprio dei costi per i diritti sportivi, Champions in testa, e dall’altra anche di aggiustamenti fiscali. I ricavi netti consolidati sono cresciuti del 3,2% a 3,5 miliardi di euro: da una parte la raccolta pubblicitaria in Italia è stata di poco più di 2 miliardi di euro ed è aumentata dell’1% (il mercato televisivo totale era a +0,7% l’anno scorso), mentre in Spagna, che già negli ultimi anni ha dato un prezioso contributo al consolidato, l’incremento è stato del 5% a 933,3 milioni. Mediaset ha fatto bene soprattutto sui canali tradizionali, dove la quota di mercato pubblicitario è cresciuta di 0,8 punti percentuali (68,7%), ma anche Premium ha visto incrementare la propria fetta passando dal 20,2% al 22,9% nel segmento della pay tv, dove Sky è scesa da una marketshare del 78% al 75,4%. Il Biscione ha però subito la concorrenza sui canali tematici (con l’avvento di Sky e Discovery all’8 e al 9) dove è passata dal 37,9% al 35%. Il risultato operativo è stato di 231,4 milioni e si riduce di poco rispetto ai 248,7 milioni del 2014. Ed è la Spagna a sorreggere il dato: in Italia, infatti, si è passati dai 104,3 milioni di ebit di un anno prima ai 26,8 milioni dello scorso anno, soprattutto a causa dei diritti sportivi come detto. L’utile consolidato, poi, è sceso a 4 milioni dai 23,7 del 2014, anche se la società avverte che sarebbe stato di 28,9 milioni senza la rideterminazione delle imposte introdotta dalla legge di stabilità. In ogni caso ha deciso di mantenere il dividendo invariato a 22,7 milioni. Intanto il nuovo anno è cominciato bene, con una raccolta nei primi due mesi in crescita del 3,5% circa, e così dovrebbe proseguire per l’intero anno, per il quale il general manager di Publitalia, Matteo Cardani, stima una chiusura su tutti i mezzi in progresso del 2/3%, mentre la tv dovrebbe chiudere tra il +2% e il +2,5%. Il titolo ieri ha chiuso in progresso del +1,18% (ma i risultati sono arrivati a fine seduta) a 3,784 euro.
ItaliaOggi