Lo scorso 30 gennaio Il Foglio ha celebrato i suoi 20 anni di vita con una allegra festa al ristorante Checco er carrettiere di Trastevere. Ai tavoli, site però, neppure un rappresentante di Sator, la società di Matteo Arpe che del Foglio controlla il 32,5%. C’è, infatti, grande freddezza, da parte del finanziere, nei confronti di questo nuovo corso del Foglio, col gruppo Sorgente dell’immobiliarista Valter Mainetti al 65% e Sator a una quota di minoranza che interessa veramente poco. In questo modo, infatti, è impossibile sviluppare quelle strategie di polo editoriale integrato che Arpe aveva in mente per il Foglio, in sinergia con Lettera43, Pagina99, Rivista Studio e Undici, governati invece dallo stesso Arpe attraverso News 3.0. Insomma, la situazione è piuttosto tesa, e nelle prossime settimane si potrebbe anche arrivare a un redde rationem durissimo tra Arpe e Mainetti. C’è una opzione a favore di Sator per salire a una quota paritetica a quella di Sorgente (entrambi sarebbero al 48,75%) che potrà essere esercitata in primavera. Qualora ciò dovesse avvenire, Sator lo farebbe sottoscrivendo una tranche di aumento di capitale. Ma gestire una impresa editoriale in questo modo, secondo fonti vicine ad Arpe, non ha senso. O si trova una soluzione più chiara, o Arpe potrebbe anche uscire dal Foglio, cercando di recuperare il milione di euro che finora vi ha investito. L’uscita di Arpe, peraltro, metterebbe in grave difficoltà la sopravvivenza del giornale stesso, non più protetto dall’alveo berlusconiano (Denis Verdini ha solo il 2,5% delle azioni, mentre il resto è nelle mani di Sorgente e di Sator) e non ancora nel cuore del cosiddetto partito della nazione di Matteo Renzi (anche se la Manzoni di Carlo De Benedetti ha da poco iniziato a raccoglierne la pubblicità). Il quotidiano, che vende meno di 10 mila copie, non è mai stato in grado di raggiungere, da solo, un equilibrio economico. E pure i fondi pubblici stanno diminuendo vertiginosamente (per il 2014 sono arrivati 400 mila euro sui 750 mila preventivati).
di Claudio Plazzotta, ItaliaOggi