L’indice Nikkei ha perso il 2, sovaldi sale 35%, male anche Shanghai in calo del 6,4%. La nuova iniezione di capitali non ferma il crollo delle Borse dell’Asia-Pacifico che si porta dietro anche i mercati europei con l’apertura in negativo di Piazza Affari e Parigi
Chiusura in netto calo per la Borsa di Tokyo ma anche Shanghai va giù scatenando subito i timori sui mercati europei con i futures delle Borse in territorio negativo. Sull’andamento di Tokyo hanno pesato la performance negativa di Wall Street e la nuova caduta del prezzo del petrolio, sceso sotto la quota di 30 dollari a barile. L’indice Nikkei ha perso il 2,35% e lasciato sul terreno 402,01 a quota 16.708,90 punti. Male anche Shanghai in calo del 6,4% a causa del clima da panico generale. Calo drammatico anche per la Borsa di Shenzhen, la seconda più importante della Cina, con l’indice Component che crolla a 9.483,55 punti a -6,96%.
La liquidità Torna dunque il timore sui mercati asiatici, con il nuovo tonfo avvenuto nonostante la notizia che la banca centrale cinese (Pboc) abbia deciso una nuova iniezione di liquidità da 62 miliardi di euro in vista delle festività per il nuovo anno lunare che inizierà i primi di febbraio. La Pboc ha deciso di immettere 440 miliardi di yuan (l’equivalente di circa 62 miliardi di euro) nel sistema finanziario per soddisfare le accresciute esigenze di cassa che di solito si verificano prima del Capodanno cinese. In più, per l’occasione, le imprese pagano stipendi e bonus annuali ai dipendenti, fattore che incide sulla crisi di liquidità. La Pboc ha già inondato le banche di liquidità la settimana scorsa, attraverso accordi di rifinanziamento e vari strumenti di credito. Ma la nuova iniezione di capitali non ha fermato il crollo delle Borse dell’Asia-Pacifico. E si è portato dietro anche i mercati europei con l’apertura in negativo di Parigi (-1,5%) e Piazza Affari (-1,6%) dove il titolo di Banca Mps ha avviato le contrattazioni a -8,7% prima di essere sospeso.
Le cause del crollo Ma come mai crollano ancora le borse asiatiche? A causa del petrolio, di nuovo giù sotto quota 30 dollari? Oppure scendono perché è il rallentamento dell’economia del Far East a far scivolare il greggio? È uno dei quesiti di oggi e una risposta importante è arrivata dalla pagina di apertura del dorso Business & Tech del Wall Street Journal, dove si spiega che la Cina, primo acquirente al mondo di petrolio, non ha più così tanta sete (Oil Outlook Bends to Not-So-Thirsty-China) di oro nero. Il colosso petrolifero Exxon, infatti, ha reso noto qualche ora fa di aver tagliato in maniera netta le attese di vendita in Cina. Riducendo la previsione di domanda per l’energia del Paese in maniera drammatica al 2,2% annuo da qui fino al 2025. Calcolato su una decade, scrive il Wsj, equivale a un volume di greggio superiore al consumo annuo del Brasile. Exxon sostiene nella sua analisi che la domanda inizierà a riprendersi entro il 2030. Ed ecco che oggi gli investitori sono preoccupati in Asia dalle scorte ferme, dei conseguenti prezzi del petrolio tornati vicino a minimi pluriennali e da una Cina in forte rallentamento. A questo si aggiunga il piano della Federal Reserve di alzare i tassi di interesse fino a quattro volte nel 2016. Il che favorirebbe la fuga dei capitali dall’Asia verso gli Stati Uniti. A peggiorare la situazione, l’Iraq che continua ad esportare in maniera sostenuta petrolio, l’Arabia Saudita che fra un’affermazione e una smentita di fatto continua a pompare e a non recedere dalla politica delle quote di mercato, e i dati sulle scorte Usa di shale in aumento (+3,5 milioni di barili la settimana scorsa secondo Platts). Il Brent crude europeo sta cedendo in Asia il 3,21% dall’apertura di Tokyo a quota 29,52 dollari il barile (fonte: Bloomberg, alle ore 7,50 italiane), mentre il Wti americano ha perso il 3% a 29,41 dollari dopo essere arretrato di oltre il 6% ieri durante la contrattazione di Wall Street.
di Corinna De Cesare “Corriere della Sera”