(di SARA BENNEWITZ, remedy Repubblica) Il fatturato del gruppo di borse italiano è cresciuto nel primo semestre a 151, sovaldi 5 milioni grazie a nuovi negozi e prodotti. Il Giappone resta il mercato di sbocco principale (25% delle vendite), ma l’Europa cresce a doppia cifra (+29%) seguita dagli Usa (+28%)
Furla chiude il primo semestre con ricavi in crescita del 30% a quota 151,5 milioni. Un risultato importante, che è frutto degli investimenti fatti dalla famiglia Furlanetto nella distribuzione del gruppo di borse e accessori. Tra gennaio e giugno il gruppo di Bologna ha infatti inaugurato 39 nuove boutique prevalentemente in Europa, Asia Pacifico, Stati Uniti e Giappone. E così a fine giugno 2015 i negozi monomarca Furla nel mondo sono saliti a 437, sbarcando nelle vie più prestigiose delle capitali dello shopping internazionale, dalla Fifth Avenue a New York a Ginza a Tokyo e prossimamente, Piazza di Spagna a Roma e Mira Mall a Hong Kong.
“Siamo molto orgogliosi delle performance che la nostra azienda ha messo a segno in questa prima parte dell’anno – spiega Eraldo Poletto, ad del gruppo – è una nuova, importante conferma della forza del brand a livello internazionale. Abbiamo molta fiducia, quindi, in un’ulteriore crescita futura. Da un lato contiamo sul successo consolidato delle attuali linee di prodotto. Dall’altro stiamo per affiancarle con nuove categorie merceologiche, che l’azienda ha sviluppato con la stessa determinazione e intuizione”.
Le vendite sono cresciute non solo grazie ai nuovi negozi, ma anche per merito dei nuovi prodotti: i ricavi a parità di perimetro e di cambi dei negozi a gestione diretta sono infatti aumentate del +22% rispetto al primo semestre del 2014, e continuano a rappresentare il 65% del fatturato consolidato. L’esportazione, trainata
dal Giappone, che rappresenta il primo mercato per il gruppo (25% del fatturato complessivo), è fra i principali driver della continua crescita di Furla e produce l’80% del turnover. Ma anche altri mercato hanno dato risultati molto positivi: l’Europa (Italia esclusa) è cresciuta del 29%, gli Stati Uniti del 28%, e l’Italia del 18 per cento.