Presunto colpevole o presunto innocente? Non si saprà fino alla fine del romanzo di Giancarlo Dotto “Sono apparso alla mia donna” (ed. Tullio Pironti, salve 2015). Ma Presunto è anche il nome (nomen omen) del protagonista della storia narrata, un essere appunto ibrido, incompleto, indeciso (ha cinquanta anni, lo troviamo descritto in prima pagina in un “lurido hotel di Cascavel”, in Brasile, col timpano bucato, la gola secca, l’ernia al disco). Presunto incarna proprio il significato di quel mezzo e mezzo, del si sa e non si sa, di qualcosa che potrebbe essere vero, ma potrebbe essere anche falso, dell’eterna incertezza, dell’incompiuto. Una maledizione questo nome, sale che lo accompagnerà per tutta la vita; lui pur essendo sempre stato un inetto in balia degli eventi, cercherà di far qualcosa per la donna che ama, ma solo alla fine riusciremo a capire se ci è riuscito veramente fino in fondo. Incompiuto è anche il romanzo che potrebbe essere un noir, in quanto c’è un delitto da compiere, ma, come dice lo stesso Dotto, “non ce la fa a tingersi di nero”. Quella sorta di inconcludenza del protagonista in qualsiasi campo – il nostro è anche inconsapevole se essere un assassino o un asino (si sbaglia sempre a pronunciare la parola assassino con asino), salve alla fine capirà che siamo tutti un po’ asini a questo mondo – fa della vita tragica, che serpeggia viscida in tutto il libro, una barzelletta; il tragico si mischia con il comico e con la beffa. Il romanzo si svolge fra Brasile e Italia, in motel, conventi, case chiuse, baracche, strade, montagne, macchine e camion.
I personaggi secondari, ma che circondano e ruotano in continuazione attorno al protagonista sono esseri tinti di ridicolo, inconcludenti anche loro, emersi dai bassifondi, dalla strada, dal degrado brasiliano e italiano. Sono travestiti da drag queen con parrucche bionde e tacchi alti, portano stecchini in bocca da far sanguinare le gengive, mentre guidano camion per lavoro raccontano le loro nefandezze con molta calma e naturalezza, oppure sono circondati da topi come il Pantegana (colui che somministrerà il veleno per topi per compiere l’assassinio); amici che non servono ma che fanno compagnia, Presunto se li si porta dietro come sostegno (perché in fondo la loro vita non è poi così diversa dalla sua) anche se combinano guai e non aiutano per niente. Mentre le donne, loro sì, sono sicuramente personaggi duri. Violate, affrante dal dolore, umiliate e trattate malissimo, ma con un senso più forte della vita. Muoiono di crepacuore a causa di un uomo, che però hanno scelto di amare, o si rinchiudono in un convento di suore per riempire la loro anima malmenata, o avvelenano per gelosia le concorrenti oppure ancora istigano all’omicidio.
Tutto inizia in Brasile con una donna, anzi una “bambina mai diventata donna”, Maria, che Presunto ama alla follia, e alla quale alla fine – troppo tardi – apparirà. Lo scopo del protagonista è proprio quello di apparire alla sua donna ,“per sempre regredito nella posa del bambino mai nato, che reclama solo brividi, tette, carezze e tradimenti”. Presunto rivolge sempre i suoi pensieri a Maria, “bambina fatta virtù”, “truce battona”, “creatura morbida”, “femminaccia immonda”, bella e fragile, piccola, coi capelli neri corvino; lui vuole “perdersi fino all’incoscienza nello stesso brivido che la fa madre e puttana, angelo e demone. Lei lo costringerà a compiere un delitto, uccidere il padre. Il padre di Presunto, Vanni, ex showman televisivo italiano, è un “manifesto dell’orrore”, persona disgustosamente finta, “un botolo con la faccia da mongolo” e la bava alla bocca. Un essere squallido e cattivo per il quale il nostro prova solo disprezzo e orrore. Se fosse un romanzo francese di Alexandre Dumas diremmo Cherchez la femme: c’è una donna dietro al delitto, noi già la conosciamo; “la donna genera il mondo e poi lo uccide, infinta è la donna , che non teme la morte, perché fatte della stessa materia, della stessa indecenza. Assassine entrambe”. Se fosse una tragedia greca diremmo che si tratta del classico complesso di Edipo, di un figlio che uccide il padre , ma che in questo caso lo fa per vendicare la madre , la sua amata, e tutte le donne che avevano subito angherie da quell’uomo turpe e senza scrupoli, che meritava di morire.
Forse, qui, ce ne sono tanti di generi che si mischiano. Il romanzo si concede scene pulp o splatter, è crudo, quasi come le scene dei film di Tarantino o Scorsese. I personaggi, ognuno con la propria descrizione, tanti gli aggettivi, tante le storie raccontate e che raccontano, esseri tristi e maledetti, sfortunati, goduriosi e lussuriosi, privi di affetto e in cerca di affetto. Personaggi che sembrano usciti da film, che decidono di fare qualcosa, ma sono incapaci di portarla a termine e sperano che qualcuno la faccia per loro. All’autore deve piacere anche molto il cinema classico americano degli anni ‘40, quello della femme fatale, e dei gangster, di specchi in frantumi (specchi in cui il protagonista fa fatica a vedersi). Si leggono a volte nomi di attori, come Bette Devis, o Marylin Monroe, o Marlon Brando, ma anche di cantanti italiani e stranieri, degli anni del bianco e nero come Jimi Hendrix (la suoneria del suo cellulare), o Fred Buscaglione che sembra essere il suo preferito, anche se aveva capito ben presto che “la vita non era un musical”. Nel romanzo Presunto è assillato da sogni e incubi e tanti sono i flash back, soprattutto gli episodi appartenenti all’infanzia, o i ricordi della bella Maria che lo aspetta in Brasile. La gran parte della storia si svolge di notte; Presunto è irrequieto, non sa se essere un giustiziere o un vendicatore: in realtà vuole solo dare alla sua vita un senso per apparire alla sua donna.
STEFANIA MICCOLIS