tadalafil Google” width=”334″ height=”223″ />(di ALESSANDRA BORELLA, Repubblica) Il rifiuto è rivolto al Garante per la privacy d’Oltralpe, che aveva richiesto all’azienda di eliminare i link ritenuti “non più rilevanti” dal motore di ricerca globale. Diritto all’oblio, lo schiaffo di Google alla Francia: no alla cancellazione fuori dall’UeL’oblio è una forma di libertà secondo il poeta libanese Kahlil Gibran. Il diritto all’oblio, invece, è una guerra senza fine tra Google e Europa, tra avvocati e giuristi e tra chi vorrebbe vedere tutto cancellato sotto l’egida della privacy e della protezione dei dati personali e chi invece lo considera una minaccia alla libertà della rete. L’ultima battaglia l’ha vinta Google, che ha invitato il garante francese per la privacy (Cnil- Commission nationale de l’informatique et des libertés) a ritirare la lettera di diffida con cui il mese scorso aveva ordinato alla società di cancellare i link da tutte le versioni del motore di ricerca, non solo quelle europee.
Le persone hanno diritto a non leggere su internet notizie che ledano la loro reputazione, anche se sono legittimamente pubblicate, nel momento in cui non siano più attuali e non risultino dunque più di interesse pubblico. I risultati dei motori di ricerca che portino a queste notizie devono scomparire dall’indicizzazione. È il diritto all’oblio, che Google chiama “diritto di essere derubricati”. La direttiva europea che impone ai motori di ricerca di rimuovere tali risultati dalle pagine web ha origine da una sentenza della Corte di Giustizia europea del 13 maggio 2014 emessa contro Google Spagna. Tutto ha inizio quattro anni prima, nel 2010, quando Mario Costeja González vuole che siano cancellati i link che si riferivano alle vendite all’asta di alcuni suoi beni (risalenti ad anni prima) in un momento economico per lui non propizio, riportate dal quotidiano La Vanguardia, che secondo Gonzales ne inficiavano l’immagine anche a molti anni di distanza.
Dal giorno della sentenza Google ha esaminato oltre 250mila casi (circa un milione di link esaminati) e ha rimosso oltre 320mila link. Oltre ventimila le richieste pervenute dall’Italia, rifiutate nel 72% dei casi. Ora, a pochi giorni dalla presentazione in Italia della carta dei diritti di internet, nella quale insieme al diritto all’oblio è stato introdotto il diritto all’anonimato, arriva un gran rifiuto alla Francia dal colosso di Mountain View.
I giudici transalpini pretendevano che Google estendesse ai suoi domini globali il diritto all’oblio, perché le cancellazioni “devono essere effettuate su tutte le estensioni del motore di ricerca” affinché la norma della Corte europea sia rispettata pienamente. Ma secondo Peter Fleischer, Senior Privacy Counsel della società, il diritto a vedere cancellati dai motori di ricerca i link a notizie su una persona ritenute “inadeguate o non più pertinenti”, è una legge europea, non mondiale, perciò la sua implementazione resterà dentro i confini dell’Ue. Dunque, le notizie che ci riguardano e che dovessimo considerare ‘scomode’ saranno comunque ricercabili e visibili fuori dall’Europa.
Nella visione del Garante per la privacy francese, se la richiesta di rimozione avanzata da un francese fosse approvata, dovrebbe comportare l’eliminazione del link non solo da google.fr e dalle altre versioni europee del motore di ricerca, ma da tutte le versioni presenti nel mondo, compresa google.com. Secondo Fleischer, “se l’approccio del Cnil fosse accolto come standard per la regolamentazione di internet, ci troveremmo in un meccanismo di corsa al ribasso: il paese più restrittivo detterebbe la misura della libertà di internet per tutti”.
“Riteniamo che nessun singolo Paese dovrebbe avere l’autorità di controllare a quali contenuti è possibile accedere in un altro Paese”, si legge nel suo post, in cui l’ordine viene definito “sproporzionato e non necessario”, dato che il 97% dei francesi usa una versione europea di Google. Si tratta di una “questione di principio”, che tiene conto anche del fatto che in un Paese può essere illegale un contenuto considerato legale in altri Stati. Fleischer cita esempi come la Thailandia, dove è severamente vietato parlare male del web, e la Russia che censura la propaganda gay.
Il diritto all’oblio, contenuto implicitamente nel diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali, è in contrasto con il diritto all’informazione e ad essere informati, sancito dalla Costituzione. Se un reato o una notizia sono considerati di interesse pubblico, i cittadini hanno diritto a che quella notizia resti disponibile. Ma se così non fosse, allora non è giusto che quella notizia resti reperibile e si trasformi in una lettera scarlatta. Anche nel caso si tratti di una notizia di cronaca, i familiari delle vittime hanno diritto a dimenticare. Il diritto a non essere ricordati per una condanna penale o per un qualsiasi errore commesso in passato, che sia stato diffuso in rete, dovrebbe andare di pari passo, e su questo le leggi non si pronunciano, con la notizia di una eventuale riabilitazione, di una assoluzione, di un progresso, di un seguito.
Così come recita la carta deontologica di Milano per i giornalisti che si occupano di cronaca giudiziaria e che raccomanda di dare alla notizia di un’assoluzione lo stesso risalto che era stato dedicato per il rinvio a giudizio o per la condanna del processo precedente.