Via libera dell’Aula della Camera al decreto banche e investimenti che contiene la riforma della governance delle banche popolari. Il provvedimento, check approvato con 290 sì, look 149 no e 7 astenuti, medicine passa ora al Senato per la seconda lettura. Il decreto deve essere convertito entro il 25 marzo.
Lega, riforma è svendita, a rischio 20mila posti – “La riforma delle banche popolari è incostituzionale, discriminatoria, superficiale e crea danni incalcolabili: il governo svende per decreto oltre 150 anni di storia economica del paese e sottrae ai territori la ricchezza che hanno generato, gettando in pasto ai grandi interessi speculativi istituti solidi, che hanno garantito il credito in tempi di crisi”. Così il deputato Filippo Busin, che ha annunciato in Aula alla Camera il voto contrario del Carroccio al decreto banche, lanciando l’allarme: “Sono almeno 20mila i posti di lavoro a rischio, come stimato da Assopopolari”. “Questa pseudoriforma – ha aggiunto – è un favore ai grandi gruppi speculativi che consegnerà nelle mani di pochi, probabilmente stranieri, le ricchezze e i risparmi delle popolazioni operose e risparmiatrici che vivono nelle ricche terre padane, l’ennesima svendita di un patrimonio non solo economico ma soprattutto culturale”.
Sel, riforma un errore, danno a soci e credito – “Con il voto di oggi sul decreto banche popolari la maggioranza mette il sigillo a una storia fatta di inchieste aperte per insider trading da due Procure e dalla Consob, di sospetta incostituzionalità, di un futuro prossimo fatto di almeno 20.000 esuberi e di uno più lontano di cessione a gruppi Esteri di 10 fra le prime banche italiane”. Lo afferma Giovanni Paglia, capogruppo Sel in commissione Finanze, intervenendo in Aula in dichiarazione di voto sul decreto banche e investimenti. “Si tratta – prosegue – di un grande danno alle decine di migliaia di soci espropriati dei loro diritti e al sistema delle PMI, continua il deputato di Sel, che subiranno gli effetti della minore offerta di credito, a fronte di un utilizzo più aggressivo della raccolta, proprio delle Spa. Per questo abbiamo parlato di ‘effetto serra’, per indicare un modello bancario fondato sulla finanza e sui guadagni immediati, anziché sul radicamento territoriale e sul l’assistenza al sistema industriale. Il Governo, forse anche spinto da consulenti non neutrali, ha deciso di andare nella direzione che ha causato la crisi globale, noi restiamo convinti di quella opposta”.